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(Hedera elix L.), detta anche ellera e abbracciabosco, della famiglia delle Araliacee

 

Si tratta di una specie che possiamo trovare facilmente allo stato naturale, ad esempio nei fossi, e nei luoghi freschi ed ombrosi, così come nella faggeta, ma che viene anche usualmente coltivata per spalliere, rivestimenti verdi e mascheramenti vari. Per questo uso, ricordiamo che è infestante e che può danneggiare l’elemento a cui si avvinghia: screpola i muri e amplia eventuali fessure e screpolature delle pareti.

 

Diverse parti di questa pianta risultano tossiche, in particolare i frutti sono velenosi contenendo vari glucosidi tra cui l’ederina.

 

Nel linguaggio dei fiori, l’edera è il simbolo della fedeltà, ricordando la tenacia con la quale i rami di questa specie si avvinghiano ai muri o alle piante su cui si arrampica. Nell’antica Grecia, per questo motivo, i giovani sposi ricevevano in dono ghirlande di foglie d’edera con le quali venivano incoronati durante la cerimonia nuziale.
Giovanni Pascoli così canta l'edera: “Ora che il Verno spoglia le foreste / e le tue foglie per le vie disperde; / o vecchio ornello te ricopre e veste / l’edera verde”.
Secondo un’altra tradizione, l’edera è il simbolo della passione sfrenata: con questa pianta, infatti, le Menadi (seguaci del dio Dioniso) si cingevano il capo durante le orge dionisiache.
L’edera è un vegetale particolarmente longevo, potendo vivere anche centinaia di anni. Quando si abbarbica ad una pianta può comprometterne la sopravvivenza, potendo in pratica soffocarla con l’abbraccio tenace dei suoi rami. Un detto francese ci ricorda che dove si attacca, muore: “Je meurs où je m’attache”.
Ricordando che si tratta di una specie tossica, e sconsigliando pertanto un qualsiasi uso interno della stessa, ricordiamo un’antica ricetta per un pediluvio rinfrescante che potrà dare sollievo alle nostre estremità stanche: alcune manciate di foglie fresche tritate in una bacinella di acqua calda. In questa immergeremo i piedi al termine di una faticosa giornata lavorativa, o al ritorno da una lunga passeggiata sui monti nostrani.