Relazione introduttiva di Roberto Quirino
Le edicole sacre di Spoleto e del suo territorio: immagini e devozione.
Le edicole sacre e gli altri segni del Cristianesimo sono specchio fedele della storia e della religiosità nel loro progredire e nel loro trasformarsi attraverso i secoli. Le immagini dei santi maggiori, urbani e rurali, e i simboli astratti e figurati costituiscono alcuni dei tramiti con cui i popoli dei comuni, dei castelli, delle diocesi, delle pievi, hanno manifestato richieste di aiuto, ringraziamenti e omaggi. Anche a Spoleto, città posta sotto la speciale protezione della Madre di Dio, qui venerata almeno fin dal VI secolo, quando i monaci siriaci del Monteluco ne alimentarono il culto, Maria è protagonista nell'iconografia delle edicole e delle immagini sacre, così come lo è nelle Maestà superstiti nelle ville e nei castelli di altura e di pianura, da quella di Silvignano, trecentesca, di Bazzano e di Poreta, a quelle quattro-cinquecentesche di Beroide, Maiano e Protte.
Nella
Deesis del Duomo, del 1207, forse del grande Alberto autore della Croce del 1187 (Benazzi, 1991), Maria è Mediatrice: con l'altro “figlio” Giovanni Evangelista, essa introduce la comunità spoletina al cospetto del Salvatore bizantino con un gesto che è anche d'intercessione. L'immagine è aulica, già antica, come l'Icone preziosa custodita nel Duomo.
Quasi un secolo dopo, la Maestà della Madonna orna e "
coltiva il sacro" (Guidoni, 1980) su un tratto del
decumanus, affiancata dai leggendari martiri romani Giovanni e Paolo, dall'Evangelista e dal Battista. Sul
decumanus è un'altra Maestà, del 1375, dove al Battista coperto di pelli fa da riscontro lo spellato Bartolomeo, il santo che nelle campagne protegge dalla paura; la Madonna è su quel trono marmoreo che ritroveremo nel Quattrocento, ingentilito da un panno nella Maestà della Ponzianina, profondo e con lo schienale mistilineo nella miriade di Maestà visibili sulle pareti delle chiese cittadine e della Valnerina.
Di certo è difficile riconoscere adesso l'effettivo significato e l'effettiva funzione di queste immagini, spesso prive d'iscrizioni, nella completezza delle loro allusioni a fatti e a persone che ne promossero la realizzazione. Raramente, infatti, l'edicola viene citata dalle fonti manoscritte o a stampa, cosa che d'altra parte rende pienamente apprezzabile la sua caratteristica peculiare: il fatto di essere il prodotto di un atto volontaristico, sostanzialmente mai sottoposto ad una regolamentazione almeno fino all'età della Controriforma. Dietro alle Maestà e alle Madonne di Misericordia bisogna vedere il mondo degli ordini mendicanti e delle confraternite ad essi associati, delle congregazioni, delle società di arti e mestieri, che anche a Spoleto assolsero i loro uffici di pubblica assistenza, di promozione del culto e delle pratiche di vita religiosa: francescane le confraternite della Concezione, dei Cordigeri di S. Francesco e di S. Antonio da Padova; domenicana quella di S. Pietro Martire; agostiniana la confraternita della Misericordia e della Buona Morte; altre confraternite e congregazioni si aggiungeranno nel XVI e nei secoli seguenti. Spoleto, dove nel 1232 è stato canonizzato Antonio da Padova e dove il ghibellinismo fu sconfitto nel 1391, con la battaglia risolta grazie all'apparizione miracolosa di S. Pietro Martire, è un centro in cui la tensione religiosa è forte, alimentata dagli eremiti, dai bizzocchi e dalle bizzocche, dai movimenti riformati, come i Clareni che hanno un esponente di spicco in Corrado da Spoleto. La città, della quale è originario quel bizzarro ed ispirato
frater Benedictus de Cornetta, fascinatore di folle di giovani, ricordato da Salimbene de Adam (Camporesi, 1990, pp. 283-284), è attraversata nel 1400 dalla Compagnia Disciplinata dei Bianchi: la memoria dell'avvenimento venne affidata ad un affresco in via del Trivio, scomparso già ai tempi di Achille Sansi (Sansi, 1879, pp. 274-275), forse simile al dipinto di Cola di Pietro da Camerino in S. Maria di Vallo di Nera. Nel 1426 e nel 1444 a Spoleto predica, opera miracoli e pacificazioni Bernardino da Siena (
Idem, 1884, p. 28), che lascia in S. Simone la tavoletta con il monogramma del Nome di Gesù entro il sole radiante (
Pinacoteca Comunale di Deruta …, 1992, p. 128), prototipo per le analoghe numerose immagini tuttora visibili in vari punti della città alta, dipinte su intonaci rilevati con contorno circolare, poligonale o mistilineo, scolpite, incise su targhe rettangolari o, ancora, dipinte entro stemmi progressivamente sempre più complessi, simili a grandi cartaglorie e agli stemmi capricciosi dell'araldica sei-settecentesca. Il monogramma del Nome di Gesù venne adottato dai Gesuiti, semplificato nella grafia e corredato dai chiodi della Passione, mentre nel Settecento ritornò alla forma francescana grazie all'azione e alla predicazione di S. Leonardo di Porto Maurizio e del Beato Leopoldo da Gaiche.
Altre suggestive immagini sono affrescate nelle lunette e sulle facciate di chiese e delle sedi confraternitali. Del 1412 è il bellissimo affresco del Maestro della Dormitio per S. Nicolò, dove la grande Maestà tardogotica è affiancata da Agostino e Nicola; l'Agnus Dei scolpito sull'architrave è una figura consueta a Spoleto, che ritroviamo ancora sulla porta di uno dei più antichi edifici del Borgo S. Gregorio e sull'ingresso delle monache di S. Giovanni Battista, contrassegnato anche dalla nicchia con la Madonna fra il Battista e Caterina d'Alessandria, la protettrice di tante comunità femminili.
Una rara Madonna col Bambino entro mandorla, della metà del Quattrocento, adorna il portale di S. Paolo
inter vineas, un tempo affiancato da altre immagini, e quattrocentesca era la Madonna nella lunetta di S. Lorenzo, sulla cui facciata risaltava un grande S. Michele Arcangelo, ritratto da un pittore tedesco dell'Ottocento (Pickert, 1971, pp. 57-106).
Al 1591 risale invece il Salvatore sul fianco destro di S. Domenico, datato e firmato da Perino Cesarei, che con ogni probabilità ha sostituito una più antica figurazione del Salvator Mundi.
Maria compare a Spoleto nei vari aspetti conferitile dalla devozione comune e locale: Madonna di Misericordia, Madonna di Loreto, Madonna delle Grazie, Madonna della Stella, Madonna
de lu puzzittu; e numerosi santi le si affiancano volta per volta: Benedetto, Anna, Gerolamo, Francesco, Giuseppe, Nicolò, Gregorio Prete, Sebastiano, Rocco.
Con la sensibilità della Controriforma fanno la loro apparizione le immagini del dolore di Maria, le Addolorate e le Pietà: collocate nella parte bassa della città, probabili tappe di percorsi processionali e manufatti d'indubbio valore decorativo, testimoniano della crescita del Borgo, di quella zona d'espansione della città, fuori le mura più antiche, dove il tempio della Concezione accoglie, nel 1605, l'immagine traslata della quattrocentesca Madonna della Piaggia (vedi Appendice). Notevoli le Addolorate di via della Posterna e di corso Garibaldi, probabilmente realizzate dallo stesso gruppo di artefici, una bottega di stuccatori e decoratori cui si debbono anche le inquadrature architettoniche delle edicole nei pressi di Porta Fuga, in via del Trivio e in via dei Fornari. Il recente restauro ha permesso di leggere l'iscrizione vergata sul retro della tavola custodita nella nicchia ornata di corso Garibaldi: apprendiamo così che l'immagine fu dipinta “dall'illustrissimo signor Mancinelli”, “ornata” dalla Parrocchia di S. Gregorio, benedetta dal priore di S. Gregorio Sidoni, con il consenso del vescovo Locatelli e ammessa al pubblico culto il primo novembre 1789. Giovanni Battista Palettoni e Didaco Niccolini finanziarono l'edicola, realizzata da Camillo Campana.
Fuori porta S. Matteo, la cappelletta della Madonna di Loreto, con l'immagine della Madonna col Bambino, tradizionalmente attribuita a Jacopo Siculo e illustre per miracoli e per guarigioni, è inglobata nel santuario la cui prima pietra è posata alla presenza di un protagonista del Concilio di Trento, il cardinale Cristoforo Madruzzo, più volte governatore di Spoleto. La
Historia della Miracolosa Immagine della Madonna Santissima di Loreto fuor di Spoleto, del barnabita Ignazio Portalupi, ci offre uno spaccato della Spoleto cinquecentesca, impressionante anche là dove potremmo sospettare l'ombra della mistificazione. Negli stessi anni in cui si esplica la potenza miracolosa del Sacro Chiodo conservato nella chiesa di S. Domenico, allora dedicata al Salvatore, la sacra immagine lauretana spalanca gli occhi sulla folla che invoca il suo aiuto terrorizzata dal terremoto; opera guarigioni su infermi affetti da mali atroci, che la medicina attuale potrebbe interpretare come tumori intestinali, calcolosi, infiammazioni articolari, su lebbrosi, ipocondriaci, "malinconici", allucinati che hanno avuto contatti con l'"ebreo". Di tutta questa gente la
Historia, estrapolandoli dagli atti del processo di riconoscimento della miracolosità dell'immagine lauretana spoletina, ci fornisce nome, patronimico, condizione sociale e provenienza geografica; miracoli e guarigioni vengono dispensati a muratori, fornaciai, frati, nobili, uomini e donne, interclassisticamente accomunati dalle malattie e dalle possessioni diaboliche, dall'essere finalmente toccati dall'intervento pietoso della sacra immagine, attorniata dai ceri votivi, dagli ex voto, dalle tavolette votive. Queste ultime nel 1621, secondo la testimonianza del Portalupi, erano ben 1200. Fra loro spiccava quella offerta nel 1580 da un illustre miracolato, il dotto domenicano Giovambattista Bracceschi, corredata dalla
Testificazione, in cento versi latini, tradotti sul retro. Possiamo immaginare la tavoletta di padre Bracceschi simile all'ex voto di Fedra Inghirami, conservato nel Tesoro di San Giovanni in Laterano. Del patrimonio di ex voto della Madonna di Loreto non è rimasta traccia, ma alcune copie del dipinto di Jacopo Siculo testimoniano la devozione alla sacra immagine: l'affresco nell'androne di una casa in vicolo di Volusio e alcune tele seicentesche in Pinacoteca. Il culto spoletino della Madonna di Loreto sarà definitivamente riconosciuto dall'autorità papale nel 1696, con la solenne incoronazione dell'immagine. La
Panegirica e Veridica Relazione, composta per quest'occasione dallo "
Stordito", descrive minuziosamente la lunga e faticosa giornata di processioni, di visite a luoghi di culto e a monasteri, alla quale si sottopose il corteo religioso e civile, partito dal Duomo e recante l'
Aureo diadema. Prima di imboccare lo stradone che conduce al Santuario, e dopo un percorso contrassegnato da gallerie arboree, da giardini e da fontane effimere, da apparati scenografici ricchi di simbologie vetero e neotestamentarie, il corteo rese omaggio alla venerata Santa Immagine, non meglio identificata e non più esistente, sul torrione di porta S. Matteo, adorna di un baldacchino e di un altare pensile (vedi Appendice). Altre immagini vennero inglobate o traslate in chiese ed oratori nei secoli XVI e XVII, come la Madonna degli Orti, la Madonna delle Grazie e la Madonna
de lu puzzittu di Monterone. Casi particolari sono costituiti dalla traslazione, nel 1864, dell'edicola della pittrice Suor Francesca Pianciana dal convento del Palazzo alla dimora famigliare (Sansi, 1869, p. 242), dagli affreschi del Campilli, o a lui attribuiti, staccati e ricoverati in Pinacoteca Comunale nell'Ottocento, e dalla targa con Cristo Passo, proveniente dal fonte battesimale del Duomo, inserita nel 1578 sul portale del Monte di Pietà. La figura di Francesca Pianciani sarebbe forse da indagare più a fondo nelle fonti d'archivio, se non altro per le singolarità iconografiche del dipinto ora in Palazzo Pianciani, sul cui sfondo compaiono il campanile e la parte terminale della facciata di una chiesa, forse S. Gregorio
de griptis, o
del Palazzo prima della ricostruzione settecentesca, e per la collocazione dell'altra edicola da lei affrescata, sulla via della Spina, nei possedimenti un tempo appartenuti alla sua prestigiosa famiglia.
Non del tutto assimilabili alla categoria delle edicole sono gli affreschi negli ambienti conventuali e negli appartamenti privati, spesso caratterizzati da iconografie legate a devozioni particolari. E' il caso della nicchia col bellissimo
Cristo portacroce nel convento di S. Niccolò, uno dei più importanti dipinti del Trecento spoletino. E' il caso della
Madonna del velo nell'attuale casa Ciri in Borgo san Gregorio: di modesta qualità, è però copia fedele del dipinto realizzato da Raffaello fra il 1511 e il 1512 in S. Maria del Popolo a Roma, scomparso già nei primi decenni del secolo XVII, ma conosciuto attraverso numerose copie, fra cui due di Sebastiano del Piombo. Ancora più singolare è la
Beata Vergine della Ghiara su un pianerottolo di Palazzo Ridolfi in corso Garibaldi, copia dell'omonima immagine venerata a Reggio Emilia e dipinta nel 1573 da Giovanni Bianchi detto il Bertone. Di ambito spagnesco sono il dipinto in casa Pila nei pressi del Duomo e la bella nicchia in casa Montani, poi Mariani, in Piazza Torre dell'Olio (Leonetti-Luparini, 1926, p. 235), esemplato sulle note
Sacre Conversazioni di Giovanni Spagna, il cui il gruppo della
Madonna col Bambino ritroviamo in una nicchia dell'appartamento Metelli in Via del Trivio e nell'appartamento Banchelli in Via Campo de' Fiori, restaurato ed integrato da Filippo Mariani, singolare figura di decoratore, cui si deve anche la tavoletta datata 1944, di uguale soggetto, nell'androne di Palazzo Lauri in Via della Salara Vecchia.
Nuove edicole vengono edificate, fra Cinquecento e Seicento, appena fuori città e nel territorio. Di origine agostiniana è sicuramente quella ai piedi di Colle San Tommaso, per la presenza dei Santi Tommaso e Stefano, ai quali è in realtà consacrata la chiesa dell'importantissimo monastero urbano della Stella (Toscano, comunicazione orale). Seicentesca è la cappella sulla Flaminia vecchia, che reca infissa una tavoletta “Per Grazia Ricevuta” del 1870 (Quirino, 1987, p. 88).
Ai primi dell'Ottocento risale la singolare edicola delle Tre Madonne, in corrispondenza del nodo viario dal quale la via della Spina si distaccava dalla Flaminia, alla volta di Colfiorito (
ibidem, p. 84). E' una delle edicole più singolari e più interessanti del territorio spoletino. Fu eretta “
da un bizzarro spoletino, certo Soldoni”, secondo Angelini-Rota (1929, p. 127), sicuramente l'Antonio Soldoni ricordato da Sansi intonare il “
Tedeum” al rientro dei Gesuiti in Spoleto nel 1831 (Sansi, 1886, p. 182: “
una figura veramente goldoniana, che pochi possono essere que' cittadini che non abbiano visto, nella seconda metà del secolo già inoltrata, andare ancora attorno in codino e calzoni corti...”). Laureti riporta una lettera inviatagli da Sordini, in cui si parla di un Vincenzo Sordoni, ma non dovrebbero esserci dubbi che si tratti dello stesso personaggio rievocato da Sansi:
“
Loreto Vittori si costruì una Villa, anche a Spoleto, ed era posta a un miglio dalla città, lungo la via che mena a Foligno, nel luogo che l'ultimo 'codini' visto qui, l'atletico Vincenzo Sordoni, colla triplice edicola da lui elevata all'antico imbocco della Piancianina, fece denominare le `Tre Madonne'” (Laureti, 1917).
L'edicola, dunque, dà il nome alla località tuttora conosciuta come le Tre Madonne. In una delle nicchie, ognuna rivolta verso gli antichi assi viari, è collocata una targa derutese di terracotta, con la
Madonna col Bambino e cherubino modellata a rilievo, di un tipo molto diffuso in Umbria e su tutta la dorsale appenninica centro-settentrionale, fino al forlivese, più volte riprodotto anche in tempi recentissimi e derivato da un prototipo scultoreo di Benedetto da Majano (Chiuini, 1986, fig. 140; Busti, Cocchi, 1998, pp. 210-211). Ne troviamo altri esempi vicini, con poche varianti iconografiche, a Campello Alto, nel muro laterale dell'edificio prospiciente sul sagrato della chiesa, e alla Misericordia di Terzo San Severo, oltre che nel territorio trevano.
Fra il tardo Seicento e il Novecento sembrano essere state edificate le numerose edicole lungo la mulattiera principale di Monteluco, in corrispondenza degli antichi eremi.
Un caso particolare è costituito dalle edicole quattrocentesche, tipologicamente uguali, variamente disposte lungo o nei pressi del tratto della via Flaminia a sud di Spoleto, isolate o inglobate in edifici più grandi, con l'apertura di accesso a lunettone chiusa da un cancello in legno. In tal senso sono accomunate la
Madonna del Carmine di Acqualacastagna, la cappella alle porte di Valdarena e la
Presentazione di Acquaiura, ma se ne rintracciano esempi anche in Valnerina, come la
Madonna delle Forche di Vallo di Nera. Per la maggior parte queste edicole sono state nuovamente decorate sul finire del Cinquecento e nel secolo successivo.
Nella piana a nord di Spoleto, edicole dall'architettura neoclassica e rococò, chiesuole apparentemente isolate nella vastità della campagna recuperata attraverso opere di bonificazione, contrassegnano e delimitano i limiti delle proprietà nobiliari ed ecclesiastiche, consolidatesi fra Seicento e Settecento.
Sei-settecentesche e ottocentesche sono le piccole chiese lungo la via della Spina, racchiudenti venerate immagini dei secoli precedenti, dalla facciata tipicamente contrassegnata dalle due finestre ai lati del portale.
Nel corso del XVII secolo l'attuazione capillare del programma tridentino, avviata a Spoleto negli anni Settanta del Cinquecento dal vescovo Pietro de Lunel, proseguì con il rifacimento della Cattedrale, con l'erezione della chiesa di S. Filippo e con l'insediamento dei Gesuiti, ai quali venne assegnata nel 1621 la chiesa della Concezione. Entrarono così a far parte della lista dei patroni cittadini Filippo Neri e alcuni esponenti di prestigio della Compagnia di Gesù: Francesco Saverio, evangelizzatore dell'Estremo Oriente, e Francesco Borgia, Generale della Compagnia, fra i protagonisti dei preliminari diplomatici che avevano condotto alla Lega Santa e quindi alla vittoria di Lepanto. Alla predicazione servita sono collegate le Addolorate del Borgo; e un quadro con la Mater Dolorosa faceva parte dell'arredo dell'osteria di S. Gregorio, descritta nel 1647 dal protonotario Caffarelli, insieme con altre immagini: S. Giovanni, S. Stefano, una Madonna col Bambino (Rossi, in AA.VV, 1985, p. 128). Ai Serviti, devoti di questa iconografia, si dovette la Madonna dei Sette Dolori che contrassegnava la porta minore, datata 1699 e soppressa nel 1801, vicina a quella di S. Luca (Rinaldi, ivi, p. 141). Nel 1673, infine, venne diffuso l'
Ordine a stampa con cui si dispose la solennizzazione pubblica dell'Assunzione di Maria, "
Festa Titolare della Ducal Città di Spoleti" (Fausti, P. V/5, f. 3).
La predicazione itinerante francescana venne rinverdita da S. Leonardo di Porto Maurizio, presente a Spoleto nel 1747 (Gori, in
Bibliotheca Sanctorum, VII, 1966, col. 1212). Sul suo esempio, il beato Leopoldo da Gaiche fondò il Ritiro di Monteluco; e alla pratica attuata e diffusa da S. Leonardo è senz'altro ispirata la Via Crucis del 1762 sul muro di cinta del convento di S. Paolo
inter vineas. Più tardi Leopoldo si misurerà con il simbolo della scristianizzazione e della laicizzazione, l'Albero della Libertà, che una compagnia di "
soldati stranieri" e "
di spoletini d'ambo i sessi", saliti sul Monteluco "
per passare lassù una notte in crapule e di orge", aveva tentato di innalzare vicino al suo Ritiro (Ceccacci, 1932, p. 19). Come molti altri religiosi, che rifiutarono il giuramento napoleonico, anche Leopoldo si rifugiò nelle campagne, e solo nel 1814 poté fare ritorno sul Monteluco, dove, l'anno seguente, terminò la sua esistenza.
La sconfitta pontificia del 1796 e l'avvicinarsi dei soldati napoleonici furono preceduti a Spoleto dal miracolo della
Madonna della Modestia di casa Toni, che aprì più volte gli occhi pietosi sulla folla accorsa ai suoi piedi (Sansi, 1886, pp. 4-5), e dalla esposizione in Duomo della SS. Icone (
ibidem, p. 10). Quando finalmente le truppe francesi entrarono in città, il 5 febbraio 1798, ebbe inizio la trasformazione e l'adattamento di chiese e conventi a caserme e a quartieri militari: a S. Simone, a S. Luca, a S. Domenico e alla Rocca vennero destinati i fanti, mentre la cavalleria venne sistemata alla Madonna di Loreto e a S. Paolo. Qualche giorno dopo in piazza del Mercato fu eretto l'Albero della Libertà e ai suoi piedi fu bruciato il "libro d'oro", dove erano registrate le cariche del comune patrizio
(ibidem, p. 18).
Anche Spoleto, con la tempesta rivoluzionaria, vide dunque venire meno "
l'antica uniformità nella credenza e nella pratica" religiose (Puech, 1981, II, p. 169), uniformità cui infierirono colpi mortali la prigionia di Pio VI, evento che la cristianità sentì come un'immane tragedia, il Concordato del 1801 e la soppressione delle corporazioni religiose del 1810 (Penco, 1977, pp. 205-212).
Pio VII cercherà di rinsaldare le fila della compagine cattolica, con la sua opera prudente, ma efficace, di mediazione tra l'autorità imperiale e la collettività dei fedeli, riuscendo a garantire la libertà e la pubblicità del culto. Alla distanza, anche la perdita dei beni si rivelerà determinante nel conferire un volto nuovo alla Chiesa del XIX secolo, progressivamente sempre più autonoma nei confronti delle società profane, anche se ormai definitivamente messa a confronto con la irreligiosità e con la scristianizzazione non più solo dei borghesi e degli intellettuali, ma anche della gente di campagna e degli artigiani, fra i quali per altro avevano continuato a sopravvivere antichissime credenze e riti magici o parareligiosi (
ibidem, pp. 215-224).
Così, è lo stesso Pio VII, sulla strada del ritorno a Roma dalla cattività francese, ad incoronare la SS. Icone del Duomo spoletino (Sansi, 1886, p. 90), proprio mentre si afferma la consuetudine di celebrare la festa di S. Napoleone, coincidente con il giorno dell'Assunta (
ibidem, p. 130).
Dopo la Restaurazione, interessi della Chiesa furono la riorganizzazione delle parrocchie, per esercitare un articolato controllo sulle masse dei fedeli, e il perfezionamento delle istituzioni assistenziali ed educative. Già nel secolo precedente si era manifestato in tutta la sua drammaticità il problema dell'infanzia abbandonata e del soccorso alle ragazze povere e sfortunate (Caldarelli, 1981-1982). L'assistenza pubblica spoletina, ospedaliera e caritativa, aveva in ogni modo una sua antichissima storia, collegata sia con le esigenze locali sia con il fatto di essere Spoleto una tappa dei percorsi di pellegrinaggio alla volta della Città Eterna e della Santa Casa di Loreto. Nel 1804 Pio VII provvide dunque ad una nuova regolamentazione delle scuole pubbliche di Spoleto, con il
Breve indirizzato al cardinale Locatelli. In seguito, nel 1824, Leone XII della Genga donò il suo palazzo cittadino perché vi s'insediassero le scuole elementari maschili e femminili, affidate ai Fratelli delle Scuole Cristiane e alle Maestre Pie operaie di S. Agata alla Suburra, mentre l'educazione e l'istruzione nelle campagne toccarono ai Redentoristi, o Liguorini, di S. Alfonso de' Liguori (Sansi, 1886, p. 154); contemporaneamente fu riaperto il collegio dei Gesuiti di S. Maria della Concezione.
In tale situazione, la pratica dell'erezione delle edicole urbane si direbbe ormai caduta pressoché in desuetudine. L'ovale all'imbocco di via Nuova propone l'iconografia del Volto di Gesù conforme alla sensibilità pietistica propagata dalla predicazione parrocchiale ed accolta da cerchie di fedeli riuniti in associazioni di nuova fondazione, come i Fratelli dell'Oratorio Notturno di Maria Vergine e di S. Francesco Saverio.
Nell'Ottocento, secolo in cui la città muta il proprio aspetto per l'apertura della postale interna, con la conseguente risistemazione di vari luoghi, alcune edicole sono rammodernate con l'inserzione delle stampe realizzate da Augusto Marchetti, su disegno di Gerolamo Leoncilli, diffusissime anche nelle case private, d'ogni censo, e nelle botteghe, modello per le numerose targhe in terracotta che, nel 1885, commemorano, il settimo centenario della donazione dell'antica immagine: le ritroviamo non solo nelle vie cittadine, negli androni e sulle scale di case e palazzi, ma anche sui muri di cinta di ville padronali e di cimiteri del contado.
La devozione alle Anime Purganti, al Sacro Cuore di Gesù e di Maria, a S. Anna, alla Sacra Famiglia, stimolata da Leone XIII e predicata da don Luigi Bonilli, è promossa dalla circolazione delle immaginette, che contribuiscono a divulgare anche la devozione a S. Maria della Stella, immagine traslata nel 1862 nel santuario per lei realizzato presso Montefalco.
Il Novecento s'inaugura con le croci e con i tondi che dedicano il nuovo secolo a Cristo Risorto; l'
imagerie mariana si arricchisce delle Madonne di Fatima e di Lourdes, le cui iconografie appaiono in statuette di ceramica, di scagliola, di gesso, nei santini. Impressionante è la diffusione, in tutt'Italia d'altronde, della devozione alla Madonna del Rosario e delle sue immagini, all'indomani della costruzione del Santuario di Pompei, voluto nel 1876 dall'avvocato Bartolo Longo (1841-1926), a sua volta ritratto in stampe, fotografie e disegni ricalcati, collocati fra le immagini dei pantheon domestici.
I procedimenti semiartigianali ed industriali continuarono tuttavia a diffondere immagini in ceramica, come i "tondi robbiani", ovvero copie, riproduzioni e libere trasposizioni di opere di Andrea della Robbia e della sua bottega, le statuette di scagliola dell' Immacolata nelle specie apparse a Fatima e a Lourdes. Edicole ed altri segnacoli vennero innalzati per iniziativa di privati e di istituti religiosi in occasione degli anni giubilari e delle missioni; edicole e cappelle più antiche furono spesso rinnovate, anche nelle campagne, con la scialbatura delle pareti e con la sistemazione di immagini a stampa e fotografiche, raffiguranti la
Madonna del Rosario, il
Sacro Cuore di Gesù,
S. Anna, la
Sacra Famiglia, i santi protettori dell'adolescenza e della gioventù studiosa, i santi e i beati dell'assistenza ai poveri, agli orfani e ai bisognosi.
Un caso assolutamente particolare è costituito dalla celeberrima
Madonnina, che vediamo in una stampa nella nicchia alle porte della frazione Sant'Anastasio, oltre che in ancora più recenti targhe di ceramica smaltata. L'immagine, elaborata nello studio fotografico Alinari di Firenze, è tratta da un dipinto di Roberto Ferruzzi (1854-1934), esposto nel 1897 alla seconda biennale di Venezia. “
E' l'immagine sacra più familiare a generazioni di italiani del secolo appena passato. Capoletto, santino, biglietto di auguri e partecipazione, ne ha accompagnato momenti quotidiani e riti di passaggio” (Ferretti, 2003, p. 228). Il dipinto venne acquistato da Vittorio Alinari, dell'illustre famiglia di fotografi fiorentini, che, che con l'ausilio della tecnica fotografica seppe creare una sorta di nuovo “originale” rispetto al dipinto di Ferruzzi, “
facendone traboccare un'alluvione di derivati, fino a perderne il controllo” (
idem). Una fotografia del 1899, infatti, “
ci mostra al lavoro l'intera ditta Alinari: in fondo, sotto una tettoia, davanti alla macchina fotografica, riconosciamo la ben nota `Madonnina', forse nella stessa cornice con cui era comparsa alla Biennale veneziana del 1897. E' però un altro dipinto rispetto a quello che abbiamo sempre visto riprodotto: ha lo sviluppo orizzontale. Cambia dunque il rapporto fra figure e formato, fra ambientazione naturale e figure. Fu Vittorio Alinari a sforbiciarne le parti laterali, riportandolo al più consueto sviluppo verticale dell'immagine di devozione. Senza dare l'impressione del `particolare' fotografico, richiuse il campo figurativo attorno all'abbraccio delle due figure...Perché diventò tanto popolare?...Il fatto che non vi filtrassero ricordi di sapore medievale, o legati al Rinascimento pio, può averla fatta entrare in una combinazione fortunata, al punto d'incontro con una sensibilità religiosa che aveva visto il tramonto della più tipica marcatura del Cattolicesimo ottocentesco, quella di suggestione medievale” (idem).
La stampa e i sistemi di riproduzione fotografica divulgano anche a Spoleto i prodotti dell'editoria e della propaganda cattolica, fra i quali compaiono le nuove versioni del
Memento Mori e del
Giudizio Universale: le stampe a colori che riproducono le età dell'uomo e della donna cristiani, la parabola della loro esistenza dalla culla alla morte, dall'infanzia alla vecchiaia; quelle in cui il corteo dei piccoli innocenti, della suora infermiera, della vedova rassegnata, dei buoni soldati e dei buoni parroci si avvia verso la Gerusalemme Celeste; verso l'Inferno si dirige l'altro corteo, con il soldato beone, il negro col suo feticcio ligneo, i levantini lussuriosi, le ballerine, i giocatori gaudenti e le
entraineuses. I santini, che spesso riproducono celebri opere d'arte, arricchiscono i tabernacoli di quartiere e dei vicoli con i santi protettori delle famiglie, e a loro è affidata la divulgazione del culto a S. Rita, al patrono Ponziano, all'Icone, alla Beata Angelina Clarissa del Monastero del Palazzo, a S. Gabriele dell'Addolorata, a S. Lucia Filippini, alla Madonna della Piaggia, a Maria SS. Regina degli Apostoli "
venerata nel Seminario Arcivescovile di Spoleto", alla
Pietà della Confraternita filippina di Maria SS. Addolorata. Le preghiere sul retro impetrano protezione dai terremoti, dalle guerre in corso, dalle sciagure, secondo un formulario generico e stereotipato, tant'è vero che due di loro, rivolte rispettivamente all'Icone e alla Madonna della Piaggia, si concludono con la medesima formula: "
Preservaci dalla colpa e da ogni sciagura e fate piovere su noi ogni celeste benedizione, sicché dopo aver venerato con la più fervorosa pietà la Vostra cara effigie qui in terra possiamo godere la bellezza ineffabile del Vostro volto in Paradiso. Così sia. Tre Ave e un Gloria". I santini, infine, vengono pubblicati in memoria "
delle feste di ringraziamento per la vittoria e per la pace" all'indomani della Prima Guerra Mondiale, come "ricordini" per le prime comunioni, per le ordinazioni sacerdotali, per le missioni e per i ritiri spirituali dei gruppi di Azione Cattolica.
Mentre sulle strade di campagna e di montagna lapidi e monumenti con i principali simboli della pietà cristiana tramandano il ricordo di episodi di guerra, di eroi e martiri della Resistenza, in città tabernacoli e targhe, sulle facciate delle case private, rendono pubblici i lutti famigliari. Altre immagini rievocano, pur nella loro modesto aspetto, momenti cruciali della storia recente, come le immagini della
Madonna Pellegrina, al cui culto venne affidata la mobilitazione popolare in occasione delle elezioni politiche del 1948, una delle quali esisteva fino a poco tempo fa nell'androne della casa al n. 111 di via Monterone.
continua