Relazione introduttiva di Alfiero D'Agata
La presenza diffusa di edifici sacri dà naturalmente al territorio una forte connotazione religiosa, offre altresì l'opportunità di una lettura più ampia che investe l'ambito storico, artistico, sociologico: come quando un'edicola sacra non è più frequentata e conosciuta per il santo che vi è rappresentato ma per "la Madonna" sotto il titolo che si vuol venerare; o quando all'immagine sacra, ancora leggibile e non del tutto consunta dal tempo, si sovrappone, un quadro posticcio, per la venerazione di altro santo.
A Castel S. Giovanni, fino a pochi anni fa, il 25 aprile, festa di S. Marco, il sacerdote si recava ai quattro punti cardinali del paese per impartire la benedizione ai campi e ai prodotti della terra: in processione, accompagnato quasi solamente da donne, perché in una società rurale il giorno feriale consentiva poca libertà dalla fatica agli agricoltori. Sulle capitagne erano infisse croci preparate con le foglie del "giglio di S. Antonio".
I quattro luoghi, simmetrici e quasi equidistanti, sulle strade principali che spiccandosi dall'anello stradale del castello conducevano in diverse direzioni, coincidevano con incroci segnati da venerate presenze del sacro: una chiesa e tre edicole.
Le quattro strade storiche sono tra le cinque indicate nello statuto comunale di Castel S. Giovanni, per le quali si danno prescrizioni di manutenzione: "
via qua itur per ripam fossi dicti castri circhum circha dictum castrum, via qua itur versus Botontam, via qua itur versus molenina Trevii, via qua itur versus villam, via qua itur versus Sanctum Angelum" (in ASCT, Arch. tre chiavi, B 7, n°91, 1432, sett. 18, c.15v).
A nord la Madonna del Carmine sull'incrocio con la strada dei
molini di Trevi o della
Porcaria trebana, così detta perché congiungeva gli insediamenti rurali ricchi d'animali, riuniti nel "terziero del piano" dell'amministrazione medievale trevana.
Un inciso: l'espressione
Porcaria trebana è in P. Sella,
Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Studi e Testi n. 161-162, Umbria (sec. XIV) Città del Vaticano, Bibl. Apost. Vat., MCMLII, (a cura di), per indicare le decime del 1333 di "
S. Ioannes de Porcaria Trebana"; è anche adottata da D. Natalucci, in
Historia universale dello stato temporale ed ecclesiastico di Trevi, 1745, a cura di C. Zenobi, Foligno, 1985, p. 277. La "Via delle Porcarie" congiungeva S. Lorenzo, Picciche, S. Giovanni, e, a p. 290, esplicitamente per S. Giovanni denominata "Balia delle Porcarie".
A est un'edicola, distrutta nel 1963 a causa dell'allargamento della strada per Beroide, segnava l'incrocio della strada della
Botonta per la chiesa campestre di S. Anna, prossima al confine di Castel S. Giovanni, affollatissima il 26 luglio dalle puerpere del circondario. Il vocabolo
Botonta, legato significativamente all'area di confine tra i distretti di Trevi e Spoleto, s'incontra nei rogiti quattrocenteschi di compravendite, nel decreto di confinazione del "
Castrum Sancti Ihoannis" (1431), nei documenti della curia pontificia riguardanti la vertenza, per questo territorio, tra Trevi e Spoleto.
A sud la Madonna con Bambino e Santi, al vocabolo
Villa, presiedeva il trivio della strada che da Castel S. Giovanni si dirigeva verso Beroide e verso
S. Martino e Spoleto.
A ovest, davanti alla chiesa di S. Angelo, la strada si divideva per La Bruna-Castel Ritaldi e per Picciche di Trevi.
Questi punti, situati a poche centinaia di metri dal castello, dal forte richiamo religioso nella vita quotidiana della popolazione, insieme al "giro dei fossi" e alla "strada di S. Angelo", costituivano luoghi privilegiati sui quali, a seconda delle ricorrenze religiose, si svolgevano frequenti processioni.
La pratica devozionale delle processioni che si svolgevano a Castel S. Giovanni, regolarmente fino a qualche anno fa, è documentata da don F. Benedetti Valentini, rettore della parrocchia dal 1858 al 1882, il quale elenca e descrive 20 processioni annuali alcune da ripetersi ogni mese, per alcune indicandone i percorsi, in
Inventario della chiesa parrocchiale ed altri luoghi pii di S. Giovanni di Spoleto fatto da me attuale parroco Filippo Benedetti Valentini di Trevi secondo il prescritto dai sacri canoni e dal sacro Concilio Romano l'anno del Signore 1873 il 25 aprile, manoscritto (archivio parrocchiale, p.141).
Se le altre località e frazioni del comune di Castel Ritaldi non hanno, con siffatta simmetria planimetrica, la presenza d'immagini sacre, identica se ne riscontra la collocazione in punti cruciali dell'antica viabilità del territorio.
Ovunque e con diffusione regolare, le edicole sono collocate nelle piazze, incorporate nelle abitazioni, ricavate nelle loro pareti o ad esse appoggiate, poste nei crocevia: ovunque questa evidente connotazione di una diffusa presenza.
Si attaglia a questo quadro un'esemplificativa osservazione. "Dalla metà del Duecento in poi, con la trasformazione del territorio delle pievi in una rete a piccole maglie di parrocchie rurali cui i fedeli sono legati da obblighi simbolici, le campagne cominciano ad essere punteggiate da edicole e tabernacoli agli incroci stradali o lungo i confini tra due territori o ai bordi dei campi; lo scopo è di favorire la preghiera e offrire un riparo ai contadini, ai pastori e ai viandanti, ma anche di "cristianizzare la campagna" con segni visibili e ripetuti" (A. Melelli e M. Arca Petrucci,
Spiritualità e ambiente: un rapporto plurisecolare nel paesaggio umbro, in Itinerari del sacro in Umbria (a cura di M. Sensi), Provincia di Perugia, Octavo Contini Ed., Firenze, 1998, p. 107).
Testimonianza secolare è quella della venerazione della Vergine rappresentata sotto i vari titoli. La Madonna del Carmine, in edicola a Castel S. Giovanni, era rappresentata anche in una tela, ora perduta, nella chiesa di S. Angelo; e se si volge l'attenzione ad altre raffigurazioni e edifici di culto, l'orizzonte del sacro include santi protettori di lontana religiosità: S. Giovanni Battista, l'arcangelo Michele ("S. Angelo"), S. Martino di Tours, S. Cassiano; e ancora S. Giovanni Evangelista, S. Andrea, il pontefice Gregorio Magno (lo ricordano la Pieve di Castel Ritaldi e l'edicola di Castel S. Giovanni); S. Lucia, S. Pietro, S. Francesco d'Assisi, S. Francesco da Padova, S. Francesco da Paola, S. Pancrazio.
Nel panorama storico del territorio le edicole corrispondono alle varie fasi della devozione cattolica. La Madonna del Soccorso, in vocabolo La Pieve, è congeniale al culto promosso dagli agostiniani, insediati dal 1321 dopo i benedettini nel vicino piccolo convento della Pieve di S. Gregorio in Nido. Il santuario della Madonna della Bruna, il cui evento originario è del 6 giugno1506, la bolla di edificazione 1510, corrisponde alla ripresa del pellegrinaggio e del culto mariano nel secolo XVI. Prima infatti la riforma cattolica di riflesso alla riforma protestante, poi l'azione controriformistica della chiesa cattolica dopo il concilio tridentino (1545-1563), daranno rinnovato impulso alla devozione mariana e al pellegrinaggio penitenziale della visita ai luoghi santi specificamente dell'Umbria, con Assisi in primo piano ma anche a luoghi minori come Montefalco per S. Chiara della Croce cui si riferisce l'evento della Madonna della Bruna (vedi scheda).
La sacralizzazione del territorio è inoltre testimoniata dalla disseminazione di chiese, cappelle, edicole, croci, soprapportali e altri simboli sacri, richiamanti l'attenzione del viandante, conforto spirituale oltre che aiuto materiale nell'individuazione della strada; e contrassegnata da processioni con grande concorso popolare come quelle alla Madonna della Stella, o nel più circoscritto ambito comunale, alla Madonna della Selvetta e alla Madonna della Bruna al cui santuario confluivano da S. Brizio, da Castel Ritaldi, da Castel S. Giovanni processioni che si esplicavano con i simboli sacri, le divise delle confraternite, i canti religiosi. Un inciso: La processione al santuario della Bruna, la prima domenica di maggio, con la partecipazione delle tre località, ha avuto svolgimento fino al 1956.
Oggi molte delle manifestazioni tradizionali sono andate perdute e numerosi manufatti a carattere sacro risultano scomparsi, andati in rovina per incuria o disinteresse, in alcuni casi eliminati: nel rifacimento di abitazioni private (in via della Rotonda e in via Case Sparse, due edicole sono testimoniate da documentazione fotografica), in conseguenza delle moderne trasformazioni del territorio come ad esempio l'allargamento di strade (sulla strada per Beroide, al bivio dell'antica
Botonta, sopravvive nel ricordo degli abitanti e in un piccolo indizio in una foto anni 1960).
Di taluni edifici sacri, testimoniati dagli elenchi delle decime ecclesiastiche, da inventari parrocchiali, da visite pastorali, restano muri in rovina utilizzati come ripostiglio di attrezzi (S. Lucia
de Nido e, a qualche centinaio di metri, la cappella privata di S. Domenico
in Suriano trasformata in stanza della casa) o ruderi sommersi da vegetazione spontanea (S. Sebastiano, in territorio di Beroide: da questa chiesa, condotto per la sua "
via cupa", fu dato inizio al confine del comune di Castel S. Giovanni, 1431, marzo11; S. Giorgio, regolarmente officiata fino al 1873). Di altri sopravvive il toponimo nelle carte topografiche o nella memoria di pochi abitanti (S. Martino
de Pratolongo, S. Andrea de Nido).
La caratteristica denominazione "
de Nido" o "
in Nido", che s'accompagna alla chiesa di S. Lucia e di S. Andrea è negli elenchi delle Pergamene della cattedrale di Spoleto (in particolare, Pelosius), in Archivio Storico Diocesano di Spoleto. Così le altre denominazioni di seguito riferite. Per la "
Pieve di S. Gregorio in Nido", cui erano associate altre 28 chiese (v. Pelosius), la singolare denominazione risulta nell'elenco dei beni, prebende e concessioni alla Canonica del duomo di Spoleto fatta dal Vescovo di Spoleto Andrea all'atto della sua erezione nel 1066 o 1067 (Pergamena n. 347, in
Pergamene del Capitolo metropolitano della Cattedrale di Spoleto, nello stesso archivio diocesano).
E tanti altri dimenticati, ignorati, gravemente manomessi, in tutte le frazioni e località del comune: S. Maria di Sogliano (Scigliano), dalla chiara facciata romanica, unico segno della chiesa sul poggio di Castel Ritaldi presso la quale era la "casa del vescovo" (in questa casa il vescovo P. G. Lascaris, compiuta la visita pastorale a Castel S. Giovanni, dopo i vespri si ritira il 18 ottobre 1715 - Archivio storico diocesano di Spoleto, Tomo IV, c. 308r.), la "Madonnina", S. Cassiano, la Madonna della Stelletta; S. Pietro
ad Vicum, e S. Pietro
ad Campum dei quali da tempo s'è persa perfino l'ubicazione. Ciò nonostante la secolare sacralizzazione del territorio è a tutt'oggi testimoniata da edifici importanti per la storia e per l'arte e si perpetua rinnovandosi con ricorrenti processioni e con la realizzazione di simulacri e cappelline, purtroppo di scadente fattura, negli spazi di private abitazioni.
continua