trevi de planu

... recuperare una disattenzione storica, come quella subita dal nostro territorio di pianura...

... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...

 

continua>>

 

 

Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato stato di rovina...

 

continua>>

 

Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se ne ricordano)

da "Il Piccolo Principe"

di Antoine De Saint-Exupery

 

 

La via Flaminia e i viaggiatori del ‘700

 

Il tracciato originario della via Flaminia congiungeva la capitale dell’Impero romano a Fano (Fanum Fortunae), Pesaro (Pisarum) e Rimini (Ariminum), passando per Narni, San Gemini, Carsulae, Massa Martana, (Statio ad Martis, alla sinistra della chiesetta di Santa Maria in Pantano), Bastardo, Bevagna, (Mevania), Foligno, San Giovanni Profiamma (Forum Flaminii), Nocera Umbra (Nuceria), il passo della Scheggia (Ensem) e la Gola del Furlo (Intercisa o, dopo Vespasiano, Petra Pertusa). La via Flaminia fu realizzata a partire dal 223 a.C. e fu completata nel 219 a.C., per volere del censore Caio Flaminio – dal cui nome derivò quello della via. Fu certamente impostata su strade preesistenti e fu oggetto di successivi interventi di bonifica, consolidamento, rettifica, ecc., da parte di Caio Sempronio (177 a.C.), Augusto (27 a.C.) e Vespasiano (76-77 d.C.). Dal tracciato principale si staccava una numerosa serie di diverticula, realizzati per collegare località particolarmente importanti delle regioni conquistate, aree con vivi interessi commerciali e mercantili, porti prioritari per i traffici, punti strategici per la difesa dell’impero, ...
Di questi diverticoli c’interessa in particolare quello che attraversa la nostra valle, passando per il territorio trevano. Si tratta di una bretella del tracciato principale, diverticulum per Interamna e Spoletium, che, divenuta più frequentata ed importante del percorso originario, ne assorbì il nome di Flaminia. Questa variante entrava in Umbria in corrispondenza dell’abitato di Ocriculum (l’odierna Otricoli, l’antica città umbro-sabina di Ocrea); quindi da Nequino – Narnia (Narni), andava ad Interamna (Terni), superava il Passo della Somma (Statio Fanum Fugitivi?), passava per Spoletium (Spoleto) e da qui, per Le Vene – Fonti del Clitunno (la Statio ad Sacraria), perveniva a Fulginium (Foligno – esattamente a Sant’Eraclio, da cui si dipartiva un ulteriore diverticulum per Hispellum - Spello), congiungendosi al tracciato principale in corrispondenza dell’attuale località di San Giovanni Profiamma (la romana Forum Flaminii).
Zoomiamo ora sul tratto che da Spoleto conduce a Foligno, per osservarlo nei particolari. Il diverticulum usciva da Spoleto dalla Porta Ponzianina. Da qui, con un rettifilo lungo circa 11 Km, arrivava a Pes Beroiti (Piè di Beroide). Lungo questo percorso sono ancora oggi visibili vestigia di epoca romana. Dopo Piè di Beroide, il tracciato proseguiva verso nord. Secondo la ricostruzione di Giulio Schmiedt, basata sulla foto interpretazione dei voli effettuati sulla valle, nonché sui riscontri diretti in campagna – che l’autore stesso reputò, in ogni modo, necessari di approfondimenti – due sono i percorsi ipotizzabili. Il primo poteva seguire la direzione del fosso la Viola. Procedeva, quindi, a partire dalla quota di circa m. 220 s.l.m., in linea retta fino a Pietrarossa, rimanendo a metà strada tra Cannaiola, a occidente, e Faustana, ad oriente. Le ricerche sin qui effettuate in campagna, non ne hanno, tuttavia, rilevata alcuna traccia. Questo potrebbe essere spiegato con l’impaludamento che ha interessato la valle sin dal periodo di decadenza dell’impero romano e con i lavori di bonifica che si sono succeduti nel tempo, non ultimi quelli di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua per merito del Consorzio della Bonificazione Umbra di Spoleto, opere che hanno modificato sostanzialmente il paesaggio vallivo. Se consideriamo, in ogni modo, che l’area in esame è stata soggetta a periodici alluvionamenti, possiamo anche presumere che i Romani abbiano preferito evitare l’area più depressa e, quindi, ipotizzare un secondo tracciato. Questo da Piè di Beroide seguiva il fosso Roveta per quasi due chilometri, per poi deviare verso la località Faustana. Nulla esclude, ovviamente, che siano esistiti entrambi i percorsi, magari con il secondo preferito al primo nei periodi più piovosi. L’itinerario per la Faustana si congiungeva sicuramente all’antichissima strada pedemontana che univa Spoleto a Foligno, passando per Pissignano e Trevi.
Se continuiamo l’osservazione delle foto aeree, seguendo la ricostruzione dello Schmiedt, vediamo che dalla Faustana, verso Foligno, si possono ipotizzare ancora due percorsi, che si congiungono all’altezza di Sant’Eraclio. Quello di valle, che abbiamo già esaminato fino a Pietrarossa, proseguiva passando quasi al limitare occidentale del toponimo Canapine; quindi si manteneva circa parallelo all’attuale ferrovia, per deviare, infine, verso nord-nord-est e giungere a Foligno da S.Eraclio. Anche questo tratto è difficile da provare archeologicamente, per mancanza di prove certe sul terreno. Il secondo, orientale, può essere considerato la prosecuzione diretta dell’itinerario che abbiamo sopra descritto passante per Faustana. Nella carta annessa al saggio dello Schmiedt, che abbiamo più volte richiamato, in quest’area, l’ipotetico percorso dell’antica via Flaminia è tracciato sull’attuale, omonima, strada statale n.3.
Alla luce di quanto osservato, possiamo descrivere il più probabile assetto del nostro diverticulum, indicandolo quasi come un rettifilo di circa 27 Km che univa Spoleto – Protte – Piè di Berodie – Faustana – (Pietrarossa) – S.Eraclio – Santa Maria in Campis – Forum Flaminii. Da Piè di Beroide, la strada romana deviava verso Faustana, passando alla destra del fosso Roveta, e quindi proseguiva per S.Eraclio. Una breve digressione la congiungeva sicuramente all’antica Trevi de planu (Pietrarossa), anche ammettendo che non vi pervenisse direttamente, per evitare di attraversare le aree vallive più soggette ad impaludamento.
Il diverticulum della via Flaminia, che univa Trevi a Spoleto e Foligno, passando per La Somma, divenne con il tempo, l’asse stradale più frequentato. In epoca longobarda ebbe una forte evidenza, perché consentiva di raggiungere la capitale di uno dei ducati principali, quello spoletino, collegandola ai gastaldati settentrionali di Nocera, Norcia e Pontiano, a quelli meridionali di Rieti, Marsi, ecc., e, infine, a quelli del versante adriatico di Fermo, Camerino, Ascoli Piceno, …
Successivamente la via Flaminia perse parte della sua importanza. I motivi di tale decadenza sono da collegare sia alle invasioni barbariche, che distrussero molte delle grandi città ubicate lungo questo asse viario, sia all’impaludamento della valle, non più presidiata efficacemente dall’uomo (vedi paragrafo "La bonifica della pianura trevana"), elemento che a sua volta certamente contribuì alla resa di alcuni centri urbani, che per tutti questi fattori non ricoprirono più il ruolo strategico rivestito in passato. In questo periodo l’Umbria, insieme alle Marche, fu la regione in cui scomparve il più alto numero di centri romani, molti dei quali furono trasferiti sulle alture prossime, ove, magari, un tempo era ubicato il più antico insediamento di età preromana.
In questa epoca, i collegamenti tra le principali città della valle umbra furono assicurati da un’antica strada pedemontana che correva lontano dall’aria malsana delle paludi vallive ed attraversava piccoli paesi come Matigge, in comune di Trevi, o Colle di Scandolaro, in territorio folignate. Il tracciato pedemontano ricalcò certamente il percorso di una strada ancora più vetusta e subì dei riadattamenti nella seconda metà del XVI secolo. A testimonianza della sua esistenza ricordiamo che poco ad oriente del suo asse, in località Carpello di Foligno è stata rivenuta una necropoli, probabilmente dell’età del ferro.
Nella “Historia universale dello stato temporale ed ecclesiastico di Trevi 1745” di Durastante Natalucci, leggiamo: “… Per essere strada regia ed in grazia della comunità la strada che da Trevi conduce a Spoleto, dalla parte superiore verso la chiesa della Croce di Bovara e Carciano, alla volta della Chiesa Tonda; che pure è carrozzabile…”; ed ancora “…La strada, parimenti carrozzabile, per la quale uscendo dalla Porta del Lago e producendosi alli orti de’ frati di S.Francesco e del Seminario, alla pittura dello Scrimo in giù, sotto alle case di Malborghetto, di Collecchio e di Matigge si va a riuscire alle Forche nella Strada Romana ed a Foligno; che devesi mantenere dalle ville del terziero di Matigge, conforme di fatto cusì venne riaggiustata il 1732…”.
In epoche successive, superati almeno in parte i più pressanti problemi di bonifica, la comoda strada valliva riacquistò notevole importanza per la diffusione del culto mariano. Il “nostro” diverticolo della consolare (censoria) via Flaminia, era, infatti, il collegamento più diretto tra Roma e il santuario della Madonna di Loreto, meta di un pellegrinaggio sempre più vivo e ricco.
Lungo questo itinerario si potevano ammirare emergenze naturalistiche spettacolari, come la cascata delle Marmore, o di sobria suggestione, come l’ameno fiume Clitunno, con il prezioso Tempietto e la rigogliosa campagna che lo racchiudeva – tanto ammirati da Plinio il Giovane – o opere di rara maestria ingegneristica, come il ponte sul Nera, presso Narni. Tutto ciò contribuì a far sì che questo diverticolo della via Flaminia divenisse uno dei percorsi più frequentati ed apprezzati nel contesto del Grand Tour, fenomeno di mobilità “turistica” e di conoscenza, nato nel XVII secolo e che conobbe il suo massimo splendore nel successivo ‘700.
Le descrizioni che i viaggiatori di quel secolo fecero nei loro diari di viaggio o nei loro scritti, spesso redatti in forma epistolare, ci possono offrire un piccolo, interessante, contributo alla conoscenza della nostra valle, per come si presentava ai forestieri del XVIII secolo. Ne vogliamo ricordare alcune.
Edward Wright, inverno del 1721: “… Da Foligno a Spoleto, la strada è molto piacevole, coltivata da tutte e due le parti nel modo Lombardo: con le viti appoggiate agli alberi”.
Di questo viaggiatore, medico inglese, riportiamo anche la descrizione che fece di Trevi: “…Un’altra piccola città, circa 4 miglia più in là <di Foligno>, che si chiama Treva, situata su una colina rotonda, più bassa della grande montagna, è molto piacevole da vedere…”.
Per segnalare anche giudizi meno lusinghieri – o forse semplicemente meno romantici – riportiamo quello di Jean Claude Richard de Saint-Non, che percorse la via Flaminia nel novembre del 1759: “… La strada tra Foligno e Spoleto è di 15 miglia, molto bella e uniforme, ma di poco interesse…”. Un altro autore così dice di Trevi: “… Non mi sembra accessibile che agli uccelli e alle capre…”, e considerando le condizioni delle strade nel periodo, nonché la pendenza del colle su cui è ubicata Trevi, questo commento ci appare non troppo lontano dal vero.
Tornando alle opinioni più accattivanti, riprendiamo da quelle di Tobias Smollet, scrittore scozzese, che transitò in valle umbra nell’anno 1764: “… La strada tra Spoleto e Foligno è buona e attraversa una pianura incantevole, ben coltivata e che abbonda d’olio, vino, grano e bestiame; essa è irrigata dal pastoral fiume Clitunno che nasce da una roccia presso la strada maestra e scorre in due o tre ruscelli separati…”.
Due anni più tardi, Joseph-Jerom Lefrançais de Lalande, autore di un vero e proprio best-seller tra i diari di viaggio, passò lungo la nostra valle, trovandola, evidentemente, molto piacevole: “… si cammina su di una strada molto bella che è come un viale di pallamaglio, riparato sovente da alberi e da siepi, e si traversa una gran vigna in cui le viti salgono sugli alberi che sembrano una foresta piantata a quinconce; questi alberi sono gelsi bianchi, sicomori e olmi…”.
Non solo uomini, ma anche donne, specialmente nella seconda metà del XVIII secolo, percorsero gli itinerari del Grand Tour, visitando anche i nostri luoghi. Tra queste ricordiamo Anna Miller, giovane inglese – trentenne all’epoca del viaggio in Umbria, avvenuto nel maggio del 1771 – animatrice in patria di un rinomato salotto letterario: “… Da ogni lato della strada, il nostro panorama era costituito da una ricca campagna, piantata fittamente da gelsi bianchi, sicomori, olmi e vigne. Il grano cresce tra i filari degli alberi, e qui la fatica dei contadini è ricompensata da 4 abbondanti raccolti: le foglie di gelso per i bachi da seta, i frutti del gelso, l’uva e il grano…”. Nella descrizione della signora britannica è evidente l’influenza dei resoconti di viaggio di Lalande, pubblicati due anni prima che Anna Miller visitasse la nostra regione. A tale proposito, dobbiamo annotare che era piuttosto frequente che i viaggiatori infarcissero di letteratura i loro scritti. Non era, altresì, raro che, dopo una lettura più o meno attenta e senza troppo badare all’attendibilità delle loro fonti, descrivessero posti mai visti o attraversati solo frettolosamente.
Dai resoconti di viaggio del ‘700 risulta un particolare apprezzamento per il clima mite e temperato della valle umbra, ai più molto gradito, specialmente dopo aver conosciuto il freddo degli Appennini o i rigori del Passo della Somma.
Difficilmente i viaggiatori rimanevano colpiti dalla bellezza delle nostre città, che generalmente erano descritte come vuote, povere, spesso sporche – e per amor di patria, evitiamo di riportare i commenti sulle locande e su molti locandieri. Foligno era talora preferita a Spoleto, per l’invidiabile posizione nella valle, per la vivacità dei commerci, allora molto fiorenti, nonché per la bellissima Madonna di Raffaello, che tutti andavano ad ammirare nella chiesa di Sant’Anna, presso il convento detto delle Contesse. Dell’antica capitale del gran ducato longobardo sembravano apprezzare, soprattutto, il ponte delle Torri, per l’arditezza dell’opera ingegneristica e per il selvaggio orrido che superava, mentre ben poche menzioni raccoglie la, pur imponente, Rocca Albornoziana. Nel contesto di quanto appena detto, è giusto precisare che nel ‘700, il Medioevo era un periodo assai poco considerato – verrà infatti rivalutato dal romanticismo ottocentesco – e, pertanto, i viaggiatori del XVIII secolo non parlano mai in termini entusiastici delle città in cui predomina l’impianto urbanistico-architettonico medievale.
Poche menzioni sono, poi, rivolte al cibo e comunemente in termini non troppo lusinghieri. Anna Miller cita, con piacere, il prosciutto (di cinghiale), i tartufi, le trote, e le anguille del Clitunno; altri viaggiatori ricordano la frutta e la verdura, generi che nella nostra pianura si trovavano con grande abbondanza, nonché l’olio e il vino, particolarmente apprezzato quello di Terni. Infine, sono in molti a deliziarsi con i confetti di Foligno, famosi già dal XVI secolo.
Per concludere questa parentesi, riportiamo la bella descrizione di Karl Philipp Moritz, scrittore e insegnante di Berlino, che transitò nella nostra valle, diretto da Loreto a Roma, alla fine di ottobre del 1786: “… Il percorso da Foligno a Spoleto è uno dei più belli di tutto il viaggio. Questa regione ha qualcosa di dolce e allo stesso tempo di grandioso e romantico; … Verso il tramonto tirava un’aria mite; sulla campagna riposava la nebbia; molto lontano tra le montagne Spoleto…”.

 

Terminiamo così il nostro diverticulum sui viaggiatori del ‘700, con la poesia che pervade le parole del Moritz.

 

Ci piace pensare che le stesse sensazioni possano essere vissute, anche oggi, da un qualsiasi viaggiatore del nostro tempo: “… mentre la luce del giorno scompare dietro i Martani e la bruma serale scende lenta, ammantando di silenzio ogni respiro nella valle”.

Per ulteriori notizie sulla viabilità locale, rimandiamo al paragrafo “San Lorenzo”.

 

 

 

 

 

Trevi dalla sua valle