trevi de planu
... recuperare una disattenzione storica, come quella
subita dal nostro territorio di pianura...
... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come
quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...
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Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze
storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso
sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato
stato di rovina...
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Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se
ne ricordano) da "Il Piccolo Principe"
di Antoine De Saint-Exupery
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La lavorazione
della canapa con la “conocchia”
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Innanzi tutto, ricordiamo cos’è la
conocchia. Si tratta di una canna, divisa (in alto) in
quattro parti, tenute allargate con una crocetta di legno, e
legate tra loro alla sommità. Vediamo ora a cosa serviva:
l’utilizzo della conocchia, dalle nostre parti, era
strettamente legato all’uso della canapa come fibra per
filare e, quindi, per tessere. Scopo della filatura e di
tutte le operazioni che la precedono è la trasformazione del
fiocco informe, costituito dalle singole fibre, in un filo
continuo, compatto e resistente. All’interno della
conocchia, nello spazio venutosi a creare con l’allargamento
delle quattro parti di canna, erano messi i bioccoli di
canapa che le mani esperte delle donne tiravano a filo.
Nella tradizione delle nostre campagne la conocchia era
utilizzata anche come motteggio in caso di nascita di figlie
femmine, considerate in passato quasi dei pesi, bocche da
sfamare che ben poco potevano contribuire alla povera
economia della famiglia contadina patriarcale. In quell’occasione,
nottetempo, gli amici, i vicini, i parenti della famiglia in
cui era nata una bambina, anziché l’agognato erede maschio –
che significava braccia buone per il lavoro dei campi e
della stalla – usavano appendere sul portone di casa una
conocchia e un fiocco di fibra di canapa – “lu nógghiu”
– a significare che la neonata era destinata a contribuire
al sostentamento della famiglia, solamente, filando.

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La filatura della canapa
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