trevi de planu
... recuperare una disattenzione storica, come quella
subita dal nostro territorio di pianura...
... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come
quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...
continua>>
Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze
storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso
sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato
stato di rovina...
continua>>
Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se
ne ricordano) da "Il Piccolo Principe"
di Antoine De Saint-Exupery
|
|
Fare il pane in casa era una delle faccende
che impegnava quasi settimanalmente le donne della famiglia.
S’iniziava la sera mettendo la “massa” a lievitare
nella madia – “la mattera”. In pratica, si prendeva
un pezzo di pasta di pane (il lievito), accantonato
dall’infornata precedente, e dopo averlo sciolto in acqua
tiepida, si versava in una buchetta ricavata nella farina,
messa a fontana, necessaria ad assicurare il fabbisogno di
pane per tutta la famiglia, per 7-10 giorni circa. La donna
più anziana provvedeva sempre a “segnare con la croce” la “massa”
posta a lievitare. La stanza ove avveniva questa operazione,
in inverno era mantenuta calda appoggiando sul pavimento
degli scaldini o dei pentoloni pieni d’acqua bollente. La
mattina successiva, di buon’ora, le donne iniziavano ad
impastare la “massa” con la farina, aggiungendo acqua
calda sino ad ottenere un impasto morbido. Questo si
suddivideva in più pezzi, che si continuavano a lavorare a
lungo sulla spianatoia per ottenere un perfetto amalgama, ed
infine venivano confezionati i filoni di pane. Quando erano
pronti, dopo averne inciso la superficie con un coltello –
talora il segno era a forma di croce – si disponevano in
file ordinate su un stretta e lunga tavola – “la tavola
de lu pane” – coperta da un telo grezzo (di canapa o di
cotone) e si copriva il tutto con un altro pezzo di tela – “li
mantilli”. Nelle giornate più fredde al di sopra del
telo superiore poteva anche essere messa una coperta di
lana, per favorire la lievitazione del pane. Un pezzo di
pasta era riposto nella madia, coperto con un leggero strato
di farina, per essere utilizzato come lievito in occasione
dell’infornata successiva.
Quando il taglio sulla superficie dei filoni di pane
iniziava ad aprirsi, indicando che la lievitazione stava
procedendo bene, si accendeva il forno. Questo era scaldato
con delle fascine ottenute dalla potatura delle viti, ma
anche con rovi e stocchi del granturco – “li zamparuni”.
Il tipo di legna utilizzato influenzava in modo sensibile la
fragranza e la colorazione, più o meno dorata, del pane
sfornato. Quando la volta del forno era imbiancata, la
temperatura raggiunta era quella giusta per una cottura
ottimale. Allora si accantonava la brace in un angolo, per
mantenere il calore, e si puliva il pavimento del forno con
uno straccio umido legato all’estremità di un lungo bastone
– “lu ceneracciu”. Il forno veniva, quindi, richiuso
per alcuni minuti, per garantire la diffusione uniforme del
calore in tutto il suo interno. Si procedeva poi ad
infornare il pane con una lunga pala di legno – “la
’nfornatoia” – che di solito era manovrata dalla donna
più esperta. Dopo un’ora circa il pane era pronto per essere
sfornato. Si apriva “lu spurtéllu” e con la stessa “’nfornatoia”
si procedeva ad estrarre “li filuni” ad uno ad uno.
Secondo un’antica tradizione il pane fresco non doveva
essere tagliato, ma solo spezzato; inoltre, mai si doveva
appoggiarlo capovolto – questo si riteneva, infatti, un
gesto di disprezzo verso l'alimento più importante della
povera tavola familiare.
Appartiene certo ai ricordi permanenti di chiunque abbia
vissuto quei gesti d’una sacralità avita, la fragranza lieve
e persistente che si spandeva nell’aria in quell’attimo
fugace. Quell’odore unico ed antico che pervadeva in breve
anche madie e cucine, ove quel pane caldo e profumato era
riposto con gesti d’amore. Un amore che solo la fatica e il
sacrificio di una vita di lavoro sapevano donare a tutte le
cose più semplici ed essenziali: come un pezzo di pane
dorato e fragrante, appena sfornato.

|
Un vecchio forno
|