trevi de planu
... recuperare una disattenzione storica, come quella
subita dal nostro territorio di pianura...
... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come
quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...
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Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze
storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso
sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato
stato di rovina...
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Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se
ne ricordano) da "Il Piccolo Principe"
di Antoine De Saint-Exupery
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Alla mietitura partecipava gran parte della
popolazione rurale, compresi i piccoli artigiani che, per
questo lavoro, erano pagati in natura, la qual cosa
permetteva loro di rifornire la magra dispensa familiare. Le
spese della mietitura erano a carico del colono, che aveva
l’onere di pagare l’“opra” (cioè gli operai) e di
offrire a tutti i lavoranti, i sette canonici pasti della
giornata. Questa iniziava alle quattro e trenta circa, prima
del sorgere del sole, con il primo pasto – “lu
sdigghiunittu”. Secondo tradizione, verso le sette, otto
del mattino vi era la colazione, con patate, legumi o
verdure dell’orto (zucchine, peperoni, fagiolini, ecc.);
alle dieci e trenta seguiva uno spuntino con panzanella,
affettati, baccalà e frittelle – “la custumella”.
Poche ore più tardi, intorno alle tredici, era la volta del
pranzo principale – “la merenna” – con pastasciutta,
poca carne, insalata e vino. Alle sedici e trenta, si
consumava “la merennetta”, con torte dolci, formaggio
ed affettati, e al calare della sera, verso le diciannove e
trenta, la cena, con insalata, pane e affettati. Spesso il
lavoro si protraeva sino a notte inoltrata e, allora, verso
le ventidue, ventidue e trenta, vi era l’ultimo pasto della
giornata con pane, affettati o formaggio. In occasione della
mietitura, vi era, anche, l’usanza di avviare un prosciutto
per sfamare i lavoranti durante la lunga giornata passata
sotto il sole, tra polvere, fatica e tanto sudore – il sale
del prosciutto contribuiva non poco a ridare ai lavoranti i
sali minerali perduti. Per alleggerire la pesantezza del
lavoro, si usava cantare e stornellare. Riportiamo, di
seguito, un tipico stornello della mietitura: “Fiore
d’ornello / chi nasce bruttu ‘n pote murì bellu / chi va a
piedi ‘n po’ anna’ a cavallu. … Me ne vojo ji tantu lontanu
/ ‘n me deve trova’ manco lu ventu / manco lu sole che
cammina tantu.”
Dopo la fatica della mietitura si organizzava, infine, la
festa della “bonfinita”, una delle più belle ed allegre
presenti nella tradizione contadina. Questa festa prevedeva
sempre canti e balli sull’aia e un ricco banchetto, ove non
mancavano mai pastasciutta, arrosti, insalate, vino e dolci.

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Cavalletti di grano
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