trevi de planu

... recuperare una disattenzione storica, come quella subita dal nostro territorio di pianura...

... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...

 

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Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato stato di rovina...

 

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Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se ne ricordano)

da "Il Piccolo Principe"

di Antoine De Saint-Exupery

 

 

La canapa

 

La canapa veniva seminata – secondo un’antica tradizione – nei terreni umidi di pianura al centesimo giorno dell’anno. La raccolta avveniva di norma a fine agosto, a seme maturo. La pianta veniva sradicata e lasciata essiccare per qualche giorno, avendo cura di rivoltarla almeno un paio di volte. Si metteva, quindi, a macerare per tre o più giorni – a seconda della temperatura dell’aria – legata in fascetti, nei fossi o in appositi canali o raccolte di acqua. Una volta ben macerata, veniva tolta dall’acqua e sbattuta con forza per staccare la fibra dal legno. Si metteva, poi, ad asciugare e si pettinava con un attrezzo che permetteva di separare gli eventuali ultimi residui legnosi. Infine, se ne ottenevano dei fiocchi che si mettevano nella “conocchia” (o rocca), che serviva a mantenere in posizione il bioccolo da filare. Sorreggendo l’arnese tra le ginocchia, si prendevano i batuffoli di canapa con le dita e si tiravano a filo, aiutandosi nell’operazione, inumidendo i polpastrelli con la saliva. Si produceva, in tal modo, la torcitura dello stoppino estratto dal fiocco e, quindi, la trasformazione di questo in filo. Il filo, così tirato, era avvolto intorno al fuso, che fatto girare a mo’ di trottola consentiva allo stesso di stringersi meglio, per ottenere una bobina più abbondante. Quando il fuso era ben pieno, il filo era ripreso e tirato intorno ad un annaspo di legno, a formare una bella matassa. Questa era sbiancata con la cenere e rilavata più volte, così che la fibra era pronta per essere utilizzata sui telai.
Il lavoro di filatura della canapa era proprio delle donne, che lo eseguivano soprattutto nelle lunghe sere invernali, vicino al focolare o al caldo delle stalle.
Per inciso, ricordiamo che la canapa, Cannabis sativa L., è una pianta erbacea annuale, a fusto diritto e foglie palmatosette, opposte, con 5-7 segmenti lanceolati, dentati. Ha fiori maschili bianco-giallognoli, uniti a formare una lassa pannocchia, mentre quelli femminili, appaiati, nascono all’ascella delle brattee fogliacee. Fiorisce da giugno a luglio. Dalla corteccia interna del fusto, come descritto, si ottengono fibre tessili che, in caso di recente impollinazione, possono essere utilizzate per la produzione di stoffe o, diversamente, di corde e tessuti particolarmente robusti e durevoli. A partire dai semi si producono alcune sostanze cosmetiche e dai residui legnosi un tipo di carta. In uno studio dell’Istituto tedesco per la Ricerca Ambientale Applicata si legge: “…<la canapa> soffoca le erbacce grazie all’altezza e alla compattezza dei suoi fusti, riducendo drasticamente la necessità di usare diserbanti; inoltre migliora la qualità del terreno con le sue radici profonde e sottilmente ramificate”. Questa pianta può risultare utile, pertanto, come pianta pioniera nella coltivazione di terreni incolti e paludosi. Nello stesso studio, troviamo che: “La canapa è assai meno soggetta ai parassiti rispetto ad altre piante da fibra come il lino e il cotone, che malgrado l’uso di prodotti specifici arrivano a subire perdite pari a circa il 50 per cento del raccolto”. Fino agli anni ‘20, l’ottanta per cento dei prodotti tessili era prodotto con la canapa, così come il novanta per cento dei cordami nautici e il settantacinque per cento della carta. Nell’articolo “Stupefacente Canapa” - Airone aprile 1998, Giorgio Mondadori Editore - leggiamo che: “… Su pagine di Cannabis furono tra l’altro stampati la Bibbia di Gutenberg nel quindicesimo secolo, o il primo abbozzo della Dichiarazione d’Indipendenza statunitense nel 1776. … Nel 1913, con circa 100.000 ettari di campi, l’Italia veniva considerata il secondo produttore al mondo dopo la Russia.” La fine della coltivazione della canapa trova i suoi perché nella rivoluzione determinata dalle fibre chimiche, derivate dalla lavorazione del petrolio (nylon). Grazie, anche, ad una campagna denigratoria basata sul contenuto in tetraidrocannabinolo, principio attivo allucinogeno presente nella varietà indica della Cannabis, una delle coltivazioni più antiche del mondo è stata completamente annientata. Torna, di tanto in tanto, agli onori della cronaca, in occasione della scoperta di appezzamenti di terreno coltivati per la produzione di marijuana. In quest’ottica, nel 1990 la coltivazione di Cannabis sativa è stata vietata sull’intero territorio nazionale. In deroga alla stessa normativa, tuttavia, nel 1997 il Ministero per le Politiche Agricole ha permesso alle regioni di destinare vari ettari di terreno, in via sperimentale, alla coltivazione della Cannabis sativa vulgaris, varietà di canapa con un bassissimo contenuto in proprietà stupefacenti. La coltura della canapa sarà quindi progressivamente reintrodotta nelle coltivazioni italiane, grazie anche agli incentivi dell’Unione Europea. Un’ultima curiosità: all’Istituto di colture industriali di Bologna è operativo un progetto, finanziato dallo stesso MiPAF, per produrre piante sicuramente identificabili come Cannabis sativa vulgaris e individuare così, facilmente, le eventuali colture della varietà indica utilizzabili per la produzione di droghe. Si tratta di una tecnica di irraggiamento dei semi con raggi gamma e trattamento con mutageni chimici. Questa permetterà di ottenere piante di Cannabis sativa con piccioli violacei anziché verdi; o ancora, con la parte terminale delle foglie – quella a maggior contenuto di tetraidrocannabinolo – di colore giallo. In tal modo sarà più facile distinguere le due varietà, operare i controlli imposti dalla vigente normativa e ridare, quindi, vigore ad una coltivazione la cui storia si perde nella notte dei tempi - le notizie riportate sono tratte da: “La canapa” Enciclopedia Microsoft® Encarta® 2000. © 1993-1999 Microsoft Corporation.
Secondo una notizia letta sul quotidiano “La Repubblica” di giovedì 1 marzo 2001, il “Wall Street Journal” ha annunciato che, utilizzando le sostanze benefiche (circa 60) contenute nella pianta di canapa, alcuni ricercatori statunitensi hanno creato farmaci importanti per curare la nausea, per superare crisi legate alla chemioterapia, per favorire l’appetito nei malati di AIDS. La stessa fonte cita, inoltre, che scienziati di diversi paesi stanno studiando come somministrare quelle sostanze senza generare gli effetti tipici della marijuana.
Per la canapa si apre, dunque, una nuova frontiera, che permetterà di rivalutare l’“erba” nella sua versione “utile ed innocua”; noi potremo, forse, rivedere quei campi di Cannabis sativa vulgaris che per secoli hanno costituito uno dei più tipici elementi del paesaggio vallivo.

 

 

 

 

Intrecci per una corda di canapa