trevi de planu
... recuperare una disattenzione storica, come quella
subita dal nostro territorio di pianura...
... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come
quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...
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Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze
storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso
sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato
stato di rovina...
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Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se
ne ricordano) da "Il Piccolo Principe"
di Antoine De Saint-Exupery
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Non è facile immaginare quale sarebbe
stata oggi la pianura trevana senza che nei secoli fosse
intervenuta l’opera dell’uomo a modellarne l’aspetto.
Come nella maggior parte della Valle Umbra, il manto
forestale sarebbe forse scivolato giù dalle montagne fino a
lambire le sponde delle insalubri paludi che la ricoprivano,
retaggio di preistorici laghi quaternari. Di questi, oggi
residuano soltanto sparuti piccoli stagni di innegabile
interesse naturalistico, persi in un ambiente ormai
totalmente antropizzato.
I boschi di pianura non esistono più ed anche in collina
hanno dovuto lasciare il posto al prezioso olivo. Soltanto
residui lembi, il più delle volte rappresentati da esigui
gruppi di alberi o esemplari isolati, ricordano gli antichi
boschi di querce e lecci. Spesso, sono chiamati ad
impreziosire con la loro bellezza i giardini o i parchi di
qualche residenza storica o complesso religioso.
Il disboscamento compiuto, qui come altrove, per ottenere
terreni coltivabili, ebbe inizio con la prima occupazione
dell’uomo agricoltore: le sue origini si perdono pertanto
nella notte dei tempi, tanto che le alterne tendenze che ne
hanno caratterizzato l’evoluzione in epoca romana, nel Medio
Evo, nell’Età Moderna e Contemporanea, possono essere
considerate storia recente. Senza il sacrificio di vaste
distese di boschi, tuttavia, non potremmo oggi ammirare i
pendii delle nostre colline coperti da “piantoni”, che
producono l’olio migliore del mondo.
Se il disboscamento e la messa a coltura hanno trasformato
ovunque la copertura vegetale, la necessità di difendere i
pendii dall’erosione e di salvaguardare la pianura
sottostante dagli allagamenti, hanno reso necessaria
un’ulteriore modifica dei terreni dissodati. Per la collina
trevana ciò ha significato un’opera dura, immensa e
secolare, che rimodellando il profilo delle pendici ha
impresso loro quei tratti precisi e caratteristici che
identificano questo territorio: terrazzamenti e ciglioni
inerbiti, lunette circolari e muretti di pietra a secco,
sono gli elementi essenziali che caratterizzano una delle
più belle trasformazioni agrarie che può vantare,
sicuramente, la storia dell’agricoltura.
Osservando la pianura si ha oggi l’impressione di una terra
facile per lo svolgimento delle attività agricole e
l’insediamento umano.
Abbondanti filari di viti ed alberi da frutto, con ricche
colture industriali, si susseguono e s’intrecciano come in
un mosaico, a costituire paesaggi geometricamente ordinati
da strade, fossi e canali, dove la presenza umana diventa
elemento fondamentale e caratterizzante.
In realtà, l’occupazione del suolo e la sua messa a coltura
è stata qui una conquista particolarmente difficile. I laghi
del Pliocene, ai quali, come si diceva, si riconduce
l’origine dei terreni coltivati di fondovalle, sono
scomparsi completamente soltanto in epoca storica. Il loro
prosciugamento ha comportato una lunga battaglia con
frequenti insuccessi e alterne vicende. Sugli inizi
dell’opera di bonifica non abbiamo notizie certe. Nel tempo
ha impegnato Etruschi e Romani, Goti e Longobardi, abbazie
medievali e comuni, ducato di Spoleto e Governo pontificio,
Congregazione delle Acque e Consorzio della Bonificazione
Umbra. Sappiamo però, con sicurezza, che la rete di
drenaggio necessita di controlli e manutenzioni costanti,
per assicurare che i numerosi canali, scavati e arginati,
possano continuare nel tempo a far defluire regolarmente le
acque.
Questi canali solcano il territorio come un fascio di linee
quasi parallele, fiancheggiando il lento defluire del fiume
Clitunno, che origina da fresche e trasparenti sorgenti nel
vicino territorio del comune di Campello.
Tutto il disegno dei piccoli fossi camperecci, dei campi
baulati stretti ed allungati, dei filari di vite, prende
forma e si organizza intorno a questa prima disposizione dei
collettori principali di fondovalle. Con essa va a
costituire un reticolo che è l’elemento fondamentale e
caratterizzante del paesaggio di pianura. Le modifiche
operate dall’uomo sull’ambiente fisico naturale hanno certo
fissato, nel tempo, la trama del paesaggio agrario vallivo.
Questo stupendo quadro, tuttavia, apparirebbe oggi
semplicemente come una vuota cornice se al suo interno non
si considerassero le colture agrarie, le piantagioni e
soprattutto l’uomo-abitante, con tutte le sue opere.
Nel nostro ambiente, infatti, sono infiniti i segni che
derivano dalla secolare presenza dell’uomo, spesso
stratificati l’uno sull’altro, per confondersi in un insieme
al contempo dinamico ed indivisibile.
L’orditura fondamentale dell’insediamento rurale della valle
trevana trova il suo fulcro immutato e immutabile nell’Epoca
Romana. Nondimeno, anche qui, la fortificazione di tipo
medievale, realizzata a scopo difensivo, ha caratterizzato
con la sua struttura i primi agglomerati.
Con la progressiva colonizzazione delle campagne nascono i
centri rurali popolati da contadini, piccoli artigiani e
commercianti. In essi spiccano, in genere, la residenza
padronale e la chiesa parrocchiale e, ai crocicchi delle
vie, le edicole sacre, spesso opera di pittori sconosciuti e
frutto di un’antica devozione popolare.
Nel tardo Medio Evo, quando si era ancora lontani dall’aver
bonificato completamente la pianura, si edificano poche case
rurali, a volte con la tipica torre colombaia, mentre, a
partire dal ‘500, si diffondono le ville residenziali,
circondate da austeri cipressi.
La casa colonica, con la sua caratteristica loggia, è legata
principalmente all’accentramento della proprietà terriera
nelle mani di pochi possidenti e al conseguente sviluppo
della mezzadria nei secoli XIX e XX, a cui si richiamava
l’organizzazione della campagna in “poderi”. Di questo
recente passato, oggi, la nostra memoria ricorda i campi
fumanti solcati da buoi laboriosi, l’allevamento di grassi
maiali, il profumo inebriante del mosto, la fragranza dei
legumi cotti lentamente sul focolare e l’odore antico del
pane appena sfornato. Ieri, questa era la realtà di
un’economia chiusa, di sussistenza, caratterizzata dalla
“poli-coltura orizzontale e verticale”, che per i mezzadri
significava duro lavoro e una vita di povertà.
Quello che resta di questo passato, non troppo lontano, e
che soltanto una corretta interpretazione storica potrà
spiegare pienamente, si fonde nel nostro tempo con una
campagna in rapida evoluzione. Le colture di ieri sono state
sostituite da vaste distese di mais, tabacco e girasole,
rese possibili dalla meccanizzazione agricola, dalla
presenza dell’irrigazione realizzata dal Consorzio della
Bonificazione Umbra e, in alcuni casi, anche dalla messa in
opera di drenaggi sotterranei. Questi, in particolare, hanno
determinato la chiusura delle fosse camperecce e
l’accorpamento dei campi stretti e dalla caratteristica
baulatura, studiata per favorire lo sgrondo delle acque
meteoriche.
Ancor
prima del Consorzio della Bonificazione Umbra,
gli Istituti Riuniti di Assistenza e
Beneficenza (IRAB) avevano realizzato un impianto fisso di
irrigazione sui terreni di loro proprietà in località Prati
di Parrano
In definitiva, una campagna in cui lo stesso insediamento
sparso di carattere urbano-residenziale, in continua
espansione, si compenetra e si confonde con quello rurale
preesistente, modificandone, forse per sempre, i tratti
originari.

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Paesaggio rurale
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