trevi de planu
... recuperare una disattenzione storica, come quella
subita dal nostro territorio di pianura...
... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come
quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...
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Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze
storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso
sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato
stato di rovina...
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Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se
ne ricordano) da "Il Piccolo Principe"
di Antoine De Saint-Exupery
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La spiritualità francescana, permeando in
modo del tutto particolare la terra umbra, non poteva non
interessare anche il nostro territorio.
Vi è un’antica tradizione che riporta una menzione speciale
di quattro episodi particolarmente significativi della
presenza di Francesco nei nostri luoghi.
Per il primo episodio si racconta che nel 1213, l’anno prima
della distruzione di Trevi ad opera del duca Theopoldo di
Spoleto, Francesco venne a predicare nella nostra città,
nella piazza del municipio. Durante l’orazione il Santo era
continuamente interrotto dal ragliare, sordo ed incessante,
di un asino. Francesco, con quella particolare disposizione
verso gli animali, testimoniata da tanti episodi, tra cui
citiamo certamente quello del lupo di Gubbio, riuscì a
quietare il somarello. Fu, così, in grado di terminare il
suo sermone, mentre la bestia rimaneva ferma in silenzio,
con la testa tra le zampe.
Il secondo episodio è quello che interessa più direttamente
la nostra valle.
Nel periodo medioevale era piuttosto comune costruire dei
lebbrosari lungo gli assi stradali principali, per
accogliere i viandanti ammalati di lebbra o di altre
malattie incurabili. Si trattava di luoghi di assoluto e
tristissimo isolamento, in cui gli infermi erano abbandonati
a loro stessi e dimenticati da tutti. Lungo la strada Romana
anche il comune di Trevi aveva istituito un lazzaretto,
dedicato ai santi Tommaso e Lazzaro – edificio ancora
visibile immediatamente a monte della S.S. n.3 Flaminia,
circa in corrispondenza del bivio per Pietrarossa. Era un
pio ospedale, amministrato, pare con qualche problema, anche
d’onestà, da un sindaco e da alcuni santesi, sottoposti ad
un magistrato.
Francesco, come si legge ne “I Fioretti di San Francesco di
Assisi”: “… non solamente serviva volentieri a cancerosi,
ma oltre questo avea ordinato che li frati del suo Ordine,
andando o stando per lo mondo, servissero ai leprosi per
amore di Cristo…”. E il Santo dei poverelli, nel suo
peregrinare, si trovò a visitare gli ammalati del
lebbrosario trevano, come si legge anche ne la “Legenda
Antiqua di S.Francisci”: “… Et hospitati sunt in
hospitali leprosorum de Trevio…”, nel tempo in cui Trevi
stessa era stata distrutta ad opera degli Spoletini e quindi
dopo l’anno 1214.
Il Santo, secondo quanto ci riporta la tradizione, si
fermava a lungo nel lebbrosario, curava i malati e li
portava poco distante, presso la chiesa di Santa Maria, ove
mondava le loro piaghe con l’acqua che scaturiva nei pressi
– l’acqua del pozzo di San Giovanni. Così, Francesco e i
suoi fraticelli donavano sollievo a quei miserabili reietti.
Ci racconta ancora il Natalucci ne
“Historia … di Trevi”,
: “… aver ricevuto
stupende grazie e miracoli quelli che la medesima acqua
avevano bevuto e con ella si erano lavati, mandandoci S.
Francesco di Assisi i leprosi dimoravano nell’ospedale di S.
Tomasso…”.
Il terzo episodio è legato ad una visita del Santo
all’abbazia di San Pietro, a Bovara, durante la quale frate
Pacifico, uno dei discepoli più amati da Francesco e che
spesso lo accompagnava nei suoi pellegrinaggi di carità,
ebbe una visione. In questa, una voce dolce e soave gli
rivelò che il trono più bello dei cieli, che già fu di
Lucifero, era ora riservato all’umile Francesco.
Il Santo di Assisi visitò più volte quell’abbazia, anche nel
periodo di rovina che seguì alla distruzione di Trevi da
parte degli spoletini.
L’ultimo caso, infine, è riferito all’episodio del cittadino
trevano che, carcerato per ordine del duca Theopoldo di
Spoleto, fu liberato miracolosamente da fra’ Leone,
discepolo di san Francesco, nel giorno della celebrazione
della Madonna della candela (2 febbraio, festa della
Candelora).
L’importanza della presenza francescana a Trevi è
testimoniata anche da altri elementi. Basti ricordare che il
primo insediamento francescano, secondo la tradizione
locale, venne fondato proprio da Francesco nel 1213, nello
stesso anno, dunque, della predica al popolo trevano. Per
amore di cronaca, riportiamo, però, che il primo documento
storico comprovante la presenza di un insediamento
francescano a Trevi è un breve di Alessandro IV, del 1258.
La presenza del Convento è documentata, per la prima volta,
nella bolla di Onorio IV del 1285. Con questa, il Papa
incaricava il Padre Guardiano di assolvere da scomunica i
trevani che avevano aiutato Perugia – ribellatasi alla
chiesa – nella guerra contro Foligno. Ci piace citare
ancora, che l’ordine francescano fu tenuto sempre in grande
considerazione dal popolo di Trevi. Basti pensare che il
Padre Guardiano del Convento di San Francesco conservava una
delle tre chiavi dell’archivio che racchiudeva i principali
documenti della Città – l’archivio, così detto, delle tre
chiavi.
Nel 1470, poi, quando Trevi ebbe la prima officina
tipografica in Umbria, la quarta in Italia, la prima
esercitata come società tipografica, il primo incunabolo ivi
prodotto fu “Franciscu de Assisia – Historia quomodo b.
Franciscus petivit a Christo indulgentiam pro Ecclesia
S.Mariae de Angelis”, il più antico libro a stampa di
soggetto francescano. L’unico esemplare di questo incunabolo
è conservato presso la Biblioteca “Alessandrina”, a Roma.
Sempre per dovere di cronaca ricordiamo che la vita della
tipografia di Trevi fu invero effimera. La società chiuse il
seguente anno 1471 dopo aver prodotto due soli volumi,
quello già menzionato sul Santo di Assisi ed un secondo
incunabolo, conosciuto e catalogato dai bibliografi sotto il
nome e sotto il titolo di “Bartholus de Saxoferrato”.
Di questo se ne conoscono solo quattro esemplari.
In questo nostro viaggio nel sentimento francescano a Trevi,
vogliamo ricordare anche un martire trevano. Si tratta di
mons. Antonino Fantosati, dell’Ordine religioso dei Frati
Minori dell’Umbria, vescovo in Cina, recentemente elevato agli onori di santità
da papa Giovanni Paolo II. Fu uno
dei martiri cinesi della Chiesa di Roma, ucciso barbaramente
nella regione di Hen-chiou-fu nel luglio del 1900, durante
la rivoluzione dei boxers.
Mons. Fantosati nacque il 16 ottobre del 1842, nella
località San Pietro a Pettine. A partire dall’ottobre del
1867 operò come missionario nella regione cinese, fondando
chiese, seminari, orfanotrofi ed istituti per i poveri,
portando, ovunque ce ne fosse bisogno, una parola di
conforto e un gesto d’amore, secondo l’insegnamento di
Francesco. Nel settembre del 1900, il rev.mo padre Leonardo
Carlini, per parecchio tempo compagno di missione di mons.
Fantosati, ricevette dalla lontana regione cinese di Han-Kow
una lettera, con la quale veniva comunicata la notizia
dell’orrendo martirio del vescovo di Trevi e di alcuni dei
suoi più ammirevoli sacerdoti e missionari. A sant’Antonino
Fantosati è stata recentemente intitolata la chiesa di Santa
Maria in Valle, oggi retta da un frate francescano.
In questa digressione, vogliamo poi riportare altre notizie
che più o meno direttamente riguardano “il francescanesimo”
a Trevi, soprattutto nei luoghi della pianura trevana:
spigolature di ieri e di oggi.
Pietro Bonilli, nelle sue “Memorie storiche raccolte
negli anni 1873-74”, parla di un discendente della
famiglia Scoccia di Cannaiola, entrato nei Frati Minori
Riformati, “che donò alla chiesa molte reliquie” e di
numerose ragazze dello stesso paese, addirittura sei
contemporaneamente, che avrebbero preso il velo monastico
presso il convento di S. Chiara di Trevi. Di queste, cita
specialmente Maria Luisa Santerenzi, che fu abbadessa della
stessa comunità per oltre venti anni.
Tra i Padri francescani, Cannaiola ha dato poi i natali a
padre Bruno Paggi del Terzo Ordine Francescano Regolare, a
lungo parroco della parrocchia di Santa Maria della Salute,
nel quartiere Primavalle di Roma, recentemente scomparso e
oggi sepolto nella sua terra.
A Cannaiola, inoltre, ha trascorso la fanciullezza,
frequentandovi la locale scuola elementare, padre Giovanni
Battistelli dell’Ordine dei Frati Minori, che dal 25 maggio
del 1998 è Custode di Terra Santa. Vale la pena citare che
la presenza francescana in quei luoghi risale agli albori
del francescanesimo: la “Provincia di Terra Santa”, infatti,
fu istituita con il Capitolo Generale dell’Ordine dei Frati
Minori del 1217 e comprende la terra natale di Cristo e
tutti i luoghi collegati alla realizzazione del Mistero
della Redenzione. Padre Battistelli, pur essendo nato a
Limiti di Spello, si trasferì ancora piccolo nel borgo
trevano con tutta la sua famiglia e qui visse fino al suo
ingresso nella casa di formazione della Comunità francescana
alla quale appartiene.
Abbiamo creduto importante ricordare
certi episodi, perché dagli stessi emerge chiaramente, a
nostro avviso, come ogni itinerario francescano, che
interessi la valle umbra e voglia permearsi della
spiritualità più semplice e profonda del Santo di Assisi,
non possa prescindere da una visita ai luoghi trevani.
Luoghi che furono certamente cari al Santo dei poverelli,
che vi ha lasciato un’impronta importante, segnandovi una
tradizione di spiritualità che si perpetua anche ai giorni
nostri.

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Lebbrosario di S. Tommaso
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