trevi de planu
... recuperare una disattenzione storica, come quella
subita dal nostro territorio di pianura...
... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come
quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...
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Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze
storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso
sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato
stato di rovina...
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Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se
ne ricordano) da "Il Piccolo Principe"
di Antoine De Saint-Exupery
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Fiori Gialli e
Arancio -
Asteraceae
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Aspraggine volgare, “’sprana” - Picris
echioides L.
Pianta media, alta fino a 90 cm, irsuta, con peli pungenti.
Ha foglie da ellittiche ad oblunghe, le superiori piccole,
sessili ed amplessicauli, le inferiori più grandi e
picciolate. Porta numerosi capolini, con fiori tutti
ligulati. È una pianta molto comune, tipica dei terreni
incolti, dei campi dei margini dei sentieri. Fiorisce da
aprile ad agosto. Ha un sapore dolce che la differenzia
dall’aspraggine comune. Anche per questa pianta vale il
consiglio di mangiarla cotta, per la ruvidezza talvolta poco
gradevole per i palati più delicati.
Aspraggine comune, “’sprana” - Picris
hieracioides L.
La pianta, alta fino a 120 cm, come l’aspraggine volgare
risulta ruvida (aspra) al tatto, per la presenza di bolle e
peli ispidi. Ha foglie basali riunite in rosetta,
sinuoso-dentate con margini arricciati ed evidente nervatura
centrale rossastra. I capolini hanno fiori ligulati gialli,
un poco macchiati di rosso. Il frutto è un achenio con pappo
piumoso. Ha un apparato radicale molto sviluppato che tende
a renderla infestante. Ha sapore amarognolo ed è preferibile
mangiarla bollita per diminuire la sensazione di ruvidezza
che altrimenti la caratterizza fortemente nelle insalatine
fresche.
Boccione maggiore, “grugnamaro” o “grugnittu”
- Urospermum dalechampii (L.) Scop. ex Schmidt.
E’ una pianta di piccole dimensioni, alta 20-50 cm. Ha bei
capolini singoli, del diametro massimo di circa 6 cm, retti
da steli cavi coperti da una fitta peluria lanuginosa. Le
foglie basali, riunite in rosetta, sono lanceolate,
pennato-partite, lunghe fino a 19 cm. Quelle cauline sono
piccole, spesso intere, abbraccianti il fusto al quale sono
attaccate senza picciolo. Il frutto è un achenio nero, con
un ciuffo di peli scuri dall’aspetto piumoso. Fiorisce dalla
primavera sino a metà estate. Lo troviamo ai bordi delle
strade, al limitare dei campi, sui terreni inerbiti. Nelle
insalatine miste primaverili, conferisce quel retrogusto
amarognolo che le rende particolarmente gustose e
rinfrescanti.
Caccialepre - Reichardia picroides (L.) Roth
È una pianta glabra, di piccole dimensioni, di altezza
inferiore a 50 cm. Ha foglie intere o pennatosette. Ha
capolini portati da lunghi peduncoli, con fiori tutti
ligulati, di colore giallo con striature rosse. Il frutto è
un achenio con pappo. Ha radice legnosa, da cui si
sviluppano rosette di foglie verde glauco, con evidente
nervatura centrale biancastra. Tipica degli incolti e delle
scarpate, può fiorire quasi tutto l’anno. Diuretica e
depurativa, questa pianta rappresenta certamente uno degli
ingredienti più prelibati delle insalatine miste campagnole.
Mai amara, è ulteriormente addolcita dai rigori
dell’inverno.
Calendola dei campi,
fiorrancio o fiorrancino - Calendula arvensis L.
È una pianta annua, pelosa, fortemente odorosa, alta 10-50
cm. Ha foglie verde-chiaro, sessili e lanceolate in alto. I
capolini sono isolati, con diametro di circa 2 cm. I frutti,
gli acheni, sono aculeati e di diverse forme, più
frequentemente a ferro di cavallo. Il nome del genere deriva
dal termine latino “calendae”, ad indicare che questa
pianta, dai fiori arancio e giallo-arancio, fiorisce tutto
l’anno. La calendola è il fiore che colora i prati, i
vigneti e gli oliveti, fino ad un’altezza di circa 600 m
s.l.m., anche nei freddi mesi invernali. Si apre al mattino
per richiudersi al tramonto del sole: per questo motivo, nel
Medioevo era indicata con il nome di “sposa del sole”.
In campo officinale è stata impiegata come sudorifera,
risolutiva, antiscorbutica ed anche come purgativa. Le forme
coltivate di calendola, appartengono, solitamente, alla
specie Calendula officinalis L. cv. hortensis.
I capolini della cultivar hortensis, sempre di colore
aranciato, sono di dimensione maggiore, raggiungono anche 5
cm di diametro, e sono doppi, cioè più ricchi di petali. Gli
acheni della specie Calendula officinalis, polimorfi,
sono in genere più semplicemente incurvati. La pianta è poco
pelosa, sempre aromatica.
Infine, una curiosità di meteorologia popolare: la
tradizione ci ricorda che se di mattino troviamo chiusi i
capolini di calendola probabilmente pioverà.
Crespino o grespigno dei campi - Sonchus arvensis
L.
Pianta grande e graziosa, alta anche più di 100 cm, ha la
porzione superiore ricoperta da peli ghiandolari giallastri.
Le foglie, di colore verde grigiastro, sono profondamente
lobate: le inferiori con lobi triangolari, le superiori,
abbraccianti il fusto, con lobi tondeggianti. I capolini, di
4-5 cm di diametro, sono appiattiti. Fiorisce in estate.
Crespino o grespigno comune - Sonchus oleraceus L.
Pianta media, alta 30-100 cm, non pelosa, ha foglie
superiori, abbraccianti il fusto, con lobi appuntiti. I
capolini generalmente di diametro non superiore a 2,5 cm,
sono portati in ombrella irregolare. Fiorisce da maggio per
tutta l’estate.
Lassana, “grespignolo” o “erba piatta”
- Lapsana communis L.
È una pianta alta da 20 cm ad 1 m, con numerosi capolini
riuniti in infiorescenze molto ramificate. Le foglie
superiori sono largamente ovali, dentate, con breve
picciolo. Quelle inferiori presentano un evidente lobo
terminale ed altri più piccoli nella parte basale del
picciolo, talora uniti a formare una sorta di stretta ala.
Gli acheni sono scuri, costoluti, privi di setole alla
sommità. I fusti sono esili, coriacei e, se spezzati, non
producono il lattice bianco che caratterizza molte specie
delle Composite. In passato, i capolini chiusi sono stati
ritenuti molto somiglianti ai capezzoli delle donne: nella
“dottrina dei segni”, in cui la somiglianza tra una parte
della pianta ed un organo o parte del corpo umano veniva
considerato elemento decisivo per l’utilizzo a fini
terapeutici del vegetale, i boccioli di lassana sono stati
utilizzati per curare i capezzoli infiammati, screpolati o
feriti. L’infuso di lassana è stato utilizzato come
lassativo, il termine greco “lapazein” (da cui deriva il
nome generico) significa, infatti, anche purgare.
Dell’utilizzo dell’erba piatta nelle insalatine miste
campagnole abbiamo, invece, già detto.
Lattuga selvatica - Lactuca serriola L.
È una pianta, alta da 40 a 150 cm, dall’aspetto generalmente
ispido. In particolare, le foglie sono dentato-spinulose,
specialmente al disotto della nervatura mediana e ai
margini. Il fusto è pure aculeato nella porzione inferiore
(ma esiste una varietà glabra) o per l’intero sviluppo. Ha
foglie abbraccianti, di solito erette. I fiori, ligulati,
sono generalmente piccoli e numerosi. Le plantule, come
noto, sono utilizzate nella nostra cucina come contorno. Si
trova praticamente ovunque sino al piano collinare.
N.B.: attenzione a non confonderla con la
lattuga velenosa
- Lactuca virosa L. Questa pianta, alta 60-150 cm, si
presenta con aspetto ispido. Ha foglie lanceolate, più o
meno intere, ma anche situato-dentate o situato-lobate, in
genere con aculei nelle nervature inferiori. Le foglie,
inoltre, sono anche abbraccianti, talora chiazzate di rosso
e spinose al margine. Il fusto, eretto, è rossastro, ramoso
alla sommità. I capolini fiorali sono riuniti in dense
infiorescenze, ove se ne contano circa 10, con ligule
raggiate di colore giallo chiaro. Fiorisce da giugno a
settembre, sino a 1000 metri d’altezza. La lattuga velenosa
produce un lattice che, disseccato, fornisce un medicamento
ad azione ipnotica. È conosciuto come lattucario, contiene
sostanze amare e tossiche. In passato è stato utilizzato
come narcotico. In caso d’intossicazione da uso di lattuga
velenosa compaiono vari sintomi tra cui ricordiamo: aumento
della traspirazione, vertigini, ronzio auricolare,
sensazione di forte pressione al capo, accelerazione del
battito cardiaco ed inoltre repentine cadute della pressione
arteriosa .
Tarassaco, dente di leone, soffione, “pisciacane”
- Taraxacum officinale Weber
È una pianta di altezza variabile dai 5 ai 30 cm, con bel
fogliame dentato, riunito a formare una densa rosetta
basale. I lobi (denti) delle foglie, così netti ed
appuntiti, simili, nella fantasia popolare ai denti del re
della foresta, gli sono valsi il nome volgare di
dente di leone.
I fiori con flosculi gialli, di colore vivace e brillante,
hanno una ligula a cinque denti. I frutti, gli acheni,
scanalati e spinosi o squamosi alla sommità, portano un
pappo di setole piumose bianche, che riuniti in
infruttescenze globose, formano quelli che tutti noi
chiamiamo usualmente
soffioni, dando così un altro nome popolare al famoso
e depurativo tarassaco.
Le foglie di questa pianta contengono vitamine A e C;
fresche, sono molto appetibili nelle insalate primaverili.
Le radici, invece, seccate e macinate, sono state usate al
posto del caffè e gli infusi a base di tarassaco sono stati
utilizzati anche nella cura di malattie perniciose come la
tisi o l’itterizia. Oggi il tarassaco viene considerato un
buon depurativo dell’organismo anche per il suo potere
altamente diuretico (e, guarda caso, in dialetto si chiama
anche “pisciacane”).
Barba di becco dei prati - Tragopogon pratensis L.
È una pianta alta circa 30-70 cm, con capolini solitari
portati alla sommità del fusto. Ha lunghe foglie molto
simili a quelle delle graminacee, che si allargano verso la
base inguainando il fusto. Quando il fiore deve ancora
sbocciare, per le foglie già descritte, non è difficile
confondere le piante di Tragopogon, abbondanti lungo
i sentieri, ai margini delle strade e dei prati, con alcune
specie della famiglia delle Graminacee. I frutti, acheni
giallognoli con pappi piumosi, sono riuniti in
caratteristiche infruttescenze globose e lanuginose,
assolutamente inconfondibili. È una pianta mattutina, i cui
capolini, infatti, si aprono molto presto per poi
richiudersi verso il mezzodì. Secondo la fantasia popolare,
il ciuffo un po’ ispido che esce dal capolino ricorda la
barbetta di un becco (maschio della capra) e da questa
somiglianza deriverebbe il nome popolare. La radice
fittonante, nei tempi in cui la povertà la faceva da padrone
e ogni erba commestibile era sperimentata nelle cucine dei
contadini, è stata utilizzata come insalata, mentre bollita
nel latte era considerata un tonico rigenerante, ottimo per
chi doveva riprendersi da una lunga e sfibrante malattia.

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Boccione
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