trevi de planu
... recuperare una disattenzione storica, come quella
subita dal nostro territorio di pianura...
... L'occhio attento ed amorevole di chi vi abita, come
quello del visitatore accorto, saprà allora cogliere...
continua>>
Il territorio della Valle Umbra è fecondo di emergenze
storiche, architettoniche e naturalistiche, molto spesso
sconosciute e in troppi casi caratterizzate da un avanzato
stato di rovina...
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Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi se
ne ricordano) da "Il Piccolo Principe"
di Antoine De Saint-Exupery
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Borgo Trevi è il principale abitato vallivo
del territorio comunale di Trevi.
Sorge prevalentemente al di sotto della SS. n. 3 Flaminia,
in pratica ai piedi del colle su cui si erge il capoluogo
municipale. Ha avuto recentemente una grande espansione,
peculiarmente in senso nord-sud, costretto tra la strada
statale, a monte, e la linea ferroviaria, a valle.
Vi è l’unica stazione ferroviaria del nostro municipio. A
questo proposito ricordiamo che nell’ottobre del 1862 si
intravide per Trevi la possibilità di avere una stazione
ferroviaria. Quando a Pietrarossa incominciarono gli scavi
per la realizzazione della strada ferrata, i deputati
trevani Tiberio Natalucci ed Emanuele Paglioni andarono a
Terni per perorare la causa di avvicinare il più possibile a
Trevi la linea ferroviaria. L’intervento fu preso in seria
considerazione a livello ministeriale, tanto che, i primi
giorni dell’anno 1863, i lavori furono interrotti e la
società concessionaria fu invitata a proporre una variante
più lontana dal Marroggia e più vicina al nostro capoluogo.
Il 17 settembre dello stesso anno, il Deputato Natalucci
poté telegrafare al Sindaco, Angelo Natalini, che Trevi
avrebbe avuto la sua stazione. Fu così che “nel 1866,
nella nuovissima stazione ferroviaria di Trevi, gli
sbuffanti treni cominciarono ad accogliere i primi
trepidanti viaggiatori” -
Carlo Zenobi "Storia di Trevi 1746-1946”,
edizioni dell’Arquata, Foligno
1987.-
Il Borgo è citato in uno scritto del Burckard che ricorda il
pernottamento del Cardinale Santa Croce mentre andava ad
incontrare l’imperatore Massimiliano: era il 2 agosto del
1496. Delle antiche locande e osterie che hanno
caratterizzato la storia di questo abitato non resta,
tuttavia, alcuna traccia. Nel 1562 le locande del Borgo
furono richiamate dal Comune ad un maggiore rispetto per gli
avventori, obbligandole ad esporre i prezzi dei loro
servigi. Nella “Historia universale dello stato
temporale ed ecclesiastico di Trevi 1745” di
Durastante Natalucci leggiamo: “… E sono
ben grandi e commode le case per uso d’osterie nel Borgo
alla Strada Romana…”, ed ancora, “… dove, in quella
del detto sig. conte < Giacomo Valenti >,
antichissimamente era una torre, che sin adesso riconoscesi
le vestigia…”.
Oggi, unica testimone dell’antica storia del luogo è la
bella chiesetta romanica dedicata a sant’Egidio, patrono
della frazione. Così la descrive Durastante Natalucci nella
sua opera: “… E quivi non lungi è la chiesa di S.Egidio,
chiamata della Strada Romana; già i secoli antichi dominio
del Monastero di S.Pietro; oggi giorno posseduta da dui
rettori rurali per il suo priorato e canonicato che si
conferiscano dalla Dataria con i beni valutati libre 256.8.1
ed il solo peso di messe 6 in fra l’anno al primo rettore e
messe 3 annue per il secondo…”.
Contrariamente a quanto si osserva generalmente nelle chiese
dell’epoca, Sant’Egidio non è disposta secondo la regola
comune che prevede l’abside ad oriente e l’ingresso ad
occidente. La diversa disposizione è, però, forse imputabile
a rimaneggiamenti successivi.
Questo edificio quasi si confonde tra le costruzioni che lo
circondano, che di fatto l’hanno completamente inglobato. Si
riconosce ancora per la presenza di grossi blocchi di pietra
squadrati, elementi chiaramente provenienti da perduti
monumenti romani. Anticamente, doveva ergersi isolata al
margine della via Flaminia e solo in un secondo tempo, sul
lato opposto della strada, gli fu annesso un ospedale per
viandanti, ricordato in una bolla di papa Alessandro III,
del 1178, come proprietà dell’Abbazia di Sassovivo.
Durante i lavori di restauro compiuti nel 1971, lungo la
parete orientale di Sant’Egidio furono ritrovati dei
sarcofagi in cotto, manufatti che oggi possiamo ammirare
presso il museo del capoluogo, “Raccolta d’Arte S.
Francesco”.
La piccola chiesa, a lungo chiusa per restauro, per i danni
prodotti dalla crisi sismica iniziata nel settembre del
1997, è stata recentemente riaperta al culto con solenne
processione e cerimonia religiosa, il 1 settembre 2001.
Il toponimo Borgo, come noto, è stato largamente
usato, in passato, per indicare quella parte di paese che si
sviluppava fuori delle mura cittadine: in genere si trattava
di case umili di artigiani, contadini ed ortolani. Il borgo
si poteva formare lungo un’arteria viaria principale, nel
nostro caso lungo la strada Romana o antica via Flaminia, in
particolare per lo svilupparsi delle attività economiche
legate al ristoro degli antichi viaggiatori.
Alzando lo sguardo verso Trevi, in alto sul colle, alle
propaggini occidentali del capoluogo, spicca la chiesa
romanica di San Vincenzo. Questa costruzione fu
probabilmente edificata nel XII secolo e certamente
ristrutturata nel XVIII. Inizialmente era intitolata a San
Savino. Così viene descritta dal Natalucci nell'opera citata: “…
la Chiesa di S.Savino, fatta già in modo di croce, con due
porte, quatro altari, due campane e la sacristia, se bene
posta in luogo scosceso ed erto, sotto alla porta del
Borsito…”. Oggi è uno dei tanti edifici di culto, e non
solo, chiusi al pubblico per i danni causati da un sisma,
che seppure ha interessato il nostro territorio comunale
solo marginalmente, ha causato vari danni, a dimostrazione
dello stato di degrado ed abbandono in cui versano molte
strutture importanti della nostra storia e della nostra
cultura.
La
crisi sismica, in Umbria,
si può
considerare iniziata nel maggio del 1997, con il terremoto che
ha colpito in particolare la zona di Massa Martana e che è poi
proseguita dal settembre del 1997 fino a circa l’Aprile del
1998, con l’acme del 27 di quel mese d’inizio autunno.
A meridione di Borgo Trevi, seguendo la vecchia strada
romana, in breve si giunge alla località Faustana,
anticamente detta Ponte Maggiore.
Il nome attuale deriva da Fausto Valenti, che nel 1569 vi
fece costruire una bella villa, tuttora esistente. La
costruzione fu realizzata tra i molini e l’antica viabilità,
in un ambiente di particolare gradevolezza, che le fece
meritare di essere dipinta in Vaticano tra le bellezze
dell’Umbria e ricordata con la scritta “Villa Faustana
de’ Nobili Valenti di Trevi”.
Così Durastante Natalucci la descrive nella sua opera: “…
è ammirabile non solo per il suo sito e la di lei terra – di
stara 118 ripiena di vari frutti e circondata da alte mura …
– ma altresì è deliziosa per l’acqua del medesimo fiume
concessali dalla comunità, che li forma una lunga e gran
peschiera in conserva delle trotte; e per la sua nobile
casa, ornata con pitture al di dentro e al di fuori con
varie figure, teste, statue ed inscrizioni relative ne’
marmi; non senza la sua chiesa per indulto di Gregorio 15 e
di Clemente X…”.
La proprietà passò, successivamente, al conte Mario della
Genga di Spoleto e quindi a papa Leone XII. Lo stesso che
nel 1827 – come ricordiamo nel paragrafo sulla bonifica
della valle – acquistò dal comune di Trevi il Molino della
Faustana e subito dopo diede il via alla moderna bonifica
della valle umbra.
Nell'opera citata di Durastante Natalucci, leggiamo che nella medesima
località, lungo la riva del fiume Clitunno, vi era anche una colombara, con orto e recinto, trasformata in seguito, per
concessione del Comune, in un mulino per la produzione
dell’olio.

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S.Egidio
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