Nome botanico della specie: Celtis australis L.
Circonferenza tronco: 3,7 m
Altezza pianta: 24,0 m (stimata)
Ampiezza chioma: 23,0-24,0 m
Età: secolare (stimata)
Stato di salute (a vista): buono
Altitudine (m s.l.m.): 244
Bibliografia: Grandi alberi. 12 itinerari in Valle Umbra, 1996
Rilevatore/autore della scheda: Giampaolo Filippucci, Alvaro Paggi, Tiziana Ravagli
Il bagolaro dimora nella proprietà della famiglia Raponi, che ringraziamo per la cortesia e la disponibilità.
Il bagolaro dimora nel cortile dell’abitazione della famiglia Raponi, che ringraziamo per la grande cortesia e disponibilità, per averci consentito di misurare l’albero e di fotografarlo.
Alcuni membri della famiglia Ciancaleoni, vecchi abitanti della casa da tempo emigrati in Francia, raccontano che nel tronco di questa pianta era conficcato un anello al quale si legavano gli animali perché potessero abbeverarsi con le acque del vicino pozzo. Da bambini (quindi 60 anni or sono o forse anche più) il grande bagolaro era il loro ‘terreno’ di gioco preferito, la vetta inaccessibile da cui immaginare di condurre chissà quante e quali battaglie…
L’esemplare di casa Raponi presenta l’impalcatura delle branche principali che si apre in maniera spettacolare, come dimostra lo sviluppo della chioma, donando all’esemplare un aspetto particolarmente maestoso.
L’inforcatura così aperta, ci fa pensare che la pianta possa essere stata usata, in passato, anche come giaciglio per riposare al fresco tra le fronde, come ci hanno raccontato i proprietari di un altro bell’esemplare di bagolaro rilevato nel comune di Massa Martana [vol. 1, p. 84].
Curiosità botaniche
La corteccia del BAGOLARO è generalmente di aspetto liscio e compatto, si presenta fessurata solo negli esemplari molto vecchi.
Ricordiamo che in Valle Umbra il bagolaro è chiamato ‘fanfino’ (in dialetto) e che le sue fronde erano usate come foraggio per gli animali. Questa specie arborea, soprattutto nell’Italia meridionale, è conosciuta popolarmente con il nome di ‘albero dei rosari’: i semi dei suoi frutti, infatti, venivano forati e infilati per ottenere corone da rosario.