Nome botanico della specie: Cupressus sempervirens L.
Circonferenza tronco: 1) 4,00 m (misurato a circa 120 cm da terra, massima altezza a cui è stato possibile valutare la circonferenza della pianta, considerata la sua forma) 2) 3,35 m (a petto d’uomo, circa 130 cm di altezza)
Altezza pianta: 1) 19,0 – 20,0 m (stimata) (in entrambi i casi evidenziamo la difficoltà a procedere nelle misurazioni per la conformazione del terreno e la distribuzione delle piante e delle sepolture) 2) 22 m (stimata)
Ampiezza chioma: 1) 5,5 m(stimata) (su un lato la presenza di un altro esemplare ha impedito lo sviluppo armonico della chioma) 2) non misurata(non ritenuta significativa, poiché la chioma è stata drasticamente ridotta sul lato che sporge verso una struttura muraria sepolcrale)
Età: secolare (secondo informazioni ricevute, alcuni dei cipressi presenti nel cimitero potrebbero essere stati anche preesistenti rispetto alla realizzazione del luogo di sepoltura; si potrebbe anche trattare di esemplari piantati intorno alla prima o forse alla seconda decade della seconda metà del XIX secolo)
Stato di salute (a vista): 1) buono (piante di edera hanno però iniziato ad abbarbicarsi a questo cipresso monumentale) 2) buono/discreto (come meglio indicato nella descrizione, la pianta è stata ampiamente mutilata verso la struttura muraria più prossima)
Altitudine (m s.l.m.): 525
Rilevatore/autore della scheda: Giampaolo Filippucci, Alvaro Paggi, Tiziana Ravagli
Segnalato da: Maria Vittoria Cucchiarini Maestra presso la Scuola primaria di Scopoli-Verchiano-Casenove (con sede a Casenove), con cui abbiamo avviato una bella e interessante collaborazione nel campo della didattica ambientale con particolare riferimento ai patriarchi verdi della Valle del Menotre
Ci troviamo nel cimitero civico di Nocera Umbra, a monte dell’abitato della ‘Città delle acque’ in direzione della frazione Africa. Qui, all’interno degli alti muri che circondano e proteggono il complesso architettonico racchiudente le sepolture, troneggiano numerosi esemplari di splendidi e austeri cipressi. Un primo gruppo di 16 piante si presenta quasi immediatamente alla vista del visitatore che entri in questo luogo di silenzio e preghiera, quasi tutte a segnare con la propria presenza il vialetto che collega il monumento centrale a tante vecchie sepolture.Tra questi alberi quello più maestoso, il primo tra i patriarchi verdi del cimitero di Nocera Umbra, è appena discosto dal filare di destra (entrando nel cimitero) e veglia severo e silente sul campo delle tombe a terra. Salendo un poco, sulla sinistra, troviamo un secondo patriarca verde, il diciassettesimo cipresso che funge quasi da collegamento con il successivo gruppetto di 7 piante presenti ancor più a monte del drappello più numeroso; un insieme di tanti cipressi dal tronco colonnare, dritto e robusto, che negli esemplari più vecchi si presenta ripetutamente fessurato e sfibrato verticalmente proprio a testimonianza dell’età vetusta. Il secondo per grandezza (quello che nel nostro racconto abbiamo presentato come il diciassettesimo) svolge, altresì, una funzione davvero particolare: complici catene, ormai arrugginite e addirittura inglobate nel tronco della pianta, e lucchetti, relativamente più moderni che suggeriscono un uso continuato nel tempo, il cipresso custodisce le vecchie scale di ferro che servono per raggiungere i loculi più alti e forse per qualche opera di manutenzione dei tetti delle sepolture.
Osservando queste piante ci è tornato alla mente un articolo dal titolo evocativo ‘Il cipresso, decoro della vita e segno di speranza per la morte’, a firma di Carlo Lapucci, che riporta la data del 26 ottobre 2011, [www.toscanaoggi.it, 9 gennaio 2019]; ne riportiamo un piccolissimo stralcio particolarmente significativo per il nostro racconto, per quanto osservato tra i rami di questi vecchi alberi: «Le grandi piante vicine agli abitati ospitano anche strani oggetti, spesso antichi, rovinati. I rami di questa pianta come nasse hanno la capacità di trattenere quello che viene lanciato da terra e spesso senza lasciarlo ricadere, nonostante il vento e i lunghi anni. Quasi tutto ciò che è stato tirato tra i rami, o portato dal vento, si ferma in mezzo a quelle sbarre resinose, profumate e vi rimane […] Morte o vive il cipresso assorbe tutte le realtà che entrano nella sua enorme gabbia per rilasciarle disfatte solo dopo lunghi anni, o mai per tutta la sua lunga vita…». Una descrizione che ritroviamo appieno nei ‘nostri’ cipressi.