Nome botanico della specie: Quercus pubescens Willd.
Circonferenza tronco: 3,4 m (riteniamo tale misurazione abbastanza precisa, anche se la presenza di abbondante vegetazione arbustiva non ha reso il nostro compito particolarmente agevole)
Altezza pianta: 28,0 m (stimata)
Ampiezza chioma: 22,0 m (stimata)
Stato di salute (a vista): buono (sono presenti, tuttavia, alcuni rami spezzati)
Altitudine (m s.l.m.): 185
Rilevatore/autore della scheda: Giampaolo Filippucci, Tiziana Ravagli
Segnalato da: Angelo Velatta
Nel territorio di Cannara (fino all’incontro con gli splendidi cipressi del cimitero civico comunale, avvenuto a inizio del 2019), non eravamo ancora riusciti a individuare alberi monumentali e nessuna segnalazione ci era giunta in tal senso da amici e appassionati; in questo territorio, dunque, per tanto tempo non abbiamo avuto indicazioni di piante che per storia, tradizioni, leggende locali e/o dimensioni potessero essere censite come veri e propri patriarchi verdi…
Un giorno d’inizio settembre 2018 Angelo Velatta ci scrisse una email, notando quella mancanza e proponendoci una visita che abbiamo avuto il piacere di compiere dopo qualche giorno. Come si può constatare focalizzandoci solo sui numeri della scheda, neppure questa roverella raggiunge le dimensioni indicate dalle normative vigenti in tema di alberi monumentali, che per le roverelle prevedono una circonferenza a ‘petto d’uomo’ di almeno 4,0 m.
Perché, dunque, nonostante i cipressi ormai trovati (e censiti) continuiamo a inserire anche questa scheda?
La prima risposta è sicuramente legata alla bellezza di queste ruralità: perché andare a visitare la roverella e l’ambiente che la racchiude è l’occasione giusta per iniziare a scoprire il territorio di Cannara, un luogo ricco di storia, arte, cultura e natura, un luogo che affonda le sue radici in età romana
«forse in seguito all’attività di bonifica operata dagli abitanti del municipio romano di Urvinum Hortense» [www.umbriatourism.it/it/-/cannara, 17 settembre 2018]. Per raccontare meglio la realtà compresa in questa scheda, proponiamo le parole di Angelo Velatta che ci ha fatto conoscere non solo la pianta (o meglio le piante) ma anche i luoghi, con indicazioni che ci hanno fatto venire la voglia di prendere la bicicletta e di percorrere l’itinerario che ci ha splendidamente suggerito: «A Cannara lascio spesso la Ciclovia quando in via Destra Topino abbandona l’argine per dirigersi alla volta di Rivotorto: così facendo proseguo lungo l’argine (che dopo non molto, stranamente, non è più pensile) e proseguo in direzione di Cerreto di Bettona, Bettona e Torgiano (e anche più lontano). […] ieri mi sono accorto che sulla destra della strada (che è sempre via Destra Topino) non lontano da un B&B […] (‘Casa Masciotti’ nella tavoletta IGM) si trova un boschetto di roverelle […] con almeno due esemplari assai notevoli»; il più grande è quello da noi censito.
Verso oriente, lo sguardo si perde abbracciando il monte Subasio e la città di Assisi… C’è di più, continuiamo così il nostro racconto: la roverella, con altre specie vegetali tra cui ricordiamo a memoria aceri, sambuchi, biancospini, rovi ecc., è parte di una vegetazione residuale che qui si compone per formare, praticamente, una lunga siepe; un elemento che oggi caratterizza questo paesaggio, ma che un tempo connotava tanta parte della nostra pianura (e delle nostre colline), laddove, ad esempio, per effetto dell’azione dell’uomo, per delimitare un’area coltivata o una strada, la continuazione dei boschi si allungava nello spazio – e nel tempo – sino ad assumere l’aspetto di una barriera naturale. La segnalazione di Angelo, e quindi questa scheda, diventa allora per noi l’occasione per parlare delle siepi, degli alberi e degli arbusti misti che le compongono, e della grande importanza che questi elementi del paesaggio rivestono per la biodiversità (come abbiamo sottolineato anche in uno dei poster di ‘MostrAmbiente’, del progetto ‘TreviAmbiente’, che di seguito richiamiamo nei contenuti).
Curiosità botaniche
Esplorare la vita che si sviluppa negli intrecci naturali delle siepi offre sempre spunti di grande interesse naturalistico; al limitare dei coltivi è facile osservare tanti uccelli pascere tranquilli, eppure sempre in allerta e pronti a involarsi alle prime avvisaglie di pericolo per rifugiarsi nel fitto intrico dei filari arbustivi, ove spesso costruiscono il loro nido come i merli. Le siepi offrono riparo a tante specie di insetti e aracnidi. Tra i rami è interessante scoprire tele di ragno e rilevare la presenza dei costruttori di tanta meraviglia come l’argiope, di cui riconosceremo facilmente la femmina per il caratteristico dorso giallo con ondulate striature orizzontali nere. Tra le fronde, e pronti a nascondervisi, godranno dei primi raggi di sole vari rettili tra cui il biacco, il saettone, le timide lucertole e gli smeraldini ramarri. Nell’intricato svilupparsi dei rami fogliosi del sambuco amano costruire il proprio nido i moscardini. Dei frutti del biancospino sono golosi topini selvatici, moscardini, lepri, faine e tassi. Delle foglie dell’acero campestre sono ghiotti i maggiolini. L’averla piccola utilizza le false spine del prugnolo per infilzarvi le prede quando ne cattura più del necessario, così da costituire delle dispense per i momenti meno propizi. Sulle ombrellifere, come la carota selvatica potremo osservare il grafosoma dalla inconfondibile livrea rossa a fasce longitudinali nere. E così via…
Le siepi meriterebbero certamente più attenzione e sopratutto una maggiore capacità di conservazione da parte dell’uomo che dovrebbe apprezzarne anche l’efficace ruolo svolto nella conservazione del suolo, contro smottamenti e ruscellamenti superficiali.
Siepi, fossi naturali, boschetti e le piccole, residuali, zone umide, ancora presenti in vari luoghi del nostro territorio, sanno certamente assicurare un’importante stabilità idrogeologica. La costante presenza di vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea, che li caratterizza tutto l’anno, garantisce, infatti, un presidio maggiore di quanto non possano realizzare i coltivi, che dal raccolto alla semina successiva restano privi di qualsiasi difesa naturale.