Trevi

A cura di Maria Romana Picuti
TREVI

Trebiae è un centro sorto lungo il braccio orientale della via Flaminia d’epoca romana e per questo viene menzionato, fino ad epoca tarda, negli itinerari stradali romani.
La collina conserva una bella cinta muraria, non troppo estesa, in opera vittata, con un nucleo cementizio rivestito da blocchetti regolari di calcare, con torri quadrangolari e tre porte.
Venne realizzata presumibilmente nel I secolo a.C., anche se da alcuni studiosi viene datata ad epoca tardoantica.
All’interno di questa sono stati individuati imponenti muraglioni, anch’essi in opera vittata e pertanto contemporanei alle mura, che avevano funzione di sostruzione e di terrazzamento per la sistemazione dei fianchi scoscesi del colle. Per il resto non si ha notizia di ritrovamenti archeologici nell’area del centro storico di Trevi, se si escludono alcune iscrizioni funerarie d’epoca romana e blocchi di reimpiego utilizzati negli edifici medievali.
A causa dell’assenza di altri ritrovamenti significativi e della diversa datazione ipotizzata dagli studiosi per le mura, ancora oggi molto dibattuto è il tema dell’originaria collocazione del centro, che alcuni tendono a collocare lungo il tracciato della via Flaminia, nell’area pianeggiante intorno alla pieve medievale di Santa Maria in Pietrarossa, dove si segnala un’importante area archeologica.
Nei pressi della chiesa, nel corso di lavori per la realizzazione della linea ferroviaria, nella seconda metà dell’Ottocento, e poi negli anni Ottanta del Novecento, in occasione della creazione del sottopassaggio ferro viario, sono fortuitamente venute alla luce alcune strutture murarie e reperti databili a partire dalla tarda età romana repubblicana, che attesterebbero l’esistenza di un importante centro abitato posto lungo la via Flaminia, per certo con funzione di luogo di sosta.
La presenza di edifici antichi utilizzati come cave per l’estrazione di materiali lapidei è testimoniata dal largo uso di blocchi riutilizzati nelle strutture della pieve medievale. Il ritrovamento di una dedica a Giove (Iuppiter Optimus Maximus) e quella ad Ercole testimoniano inoltre l’esistenza di luoghi di culto dedicati a queste divinità.
L’iscrizione di Giove, databile alla fine del II secolo a.C. è ancora oggi visibile all’interno della chiesa.
Poche centinaia di metri ad est della chiesa, in tempi recenti, è venuta alla luce una necropoli longobarda; i defunti deposti in fosse, oppure dentro cassoni lapidei, recavano accanto al corpo un corredo, generalmente formato da una fiaschetta, un pettinino in osso, fibbie di bronzo, armi (spatha e sax) e gioielli, che permettono di datare la frequentazione dell’area funeraria tra la fine del VI e il VII secolo d.C.
Si ricorda in fine che nella località di Picciche è stata ritrovata, riutilizzata nella chiesa di Santo Stefano, una delle due copie della Lex luci, la legge che regolava il taglio della legna nel bosco sacro (lucus) a Giove.

RACCOLTA D'ARTE DI SAN FRANCESCO

Il Museo archeologico e la Pinacoteca sono ospitati nei locali dell’ex convento di San Franceso, dove è possibile vedere i reperti provenienti dal territorio comunale.
Particolarmente significativa è la presenza di un’iscrizione in latino arcaico da Bovara e i corredi delle tombe longobarde scavate nei pressi di Santa Maria in Pietrarossa.

La mappa del territorio con i luoghi di interesse archeologico censiti (clicca sul segnalino per aprire la scheda)

Alcune schede

Bovara, villaggio, luogo di culto romano

A Bovara si localizza il ritrovamento di un’importante iscrizione in alfabeto latino molto arcaico, riportata alla luce negli anni Cinquanta del Novecento. L’iscrizione, di difficile interpretazione, si data alla fine del III secolo a.C. e, stante la presenza del verbo “diedero”, sembra riferirsi ad una dedica sacra, che attesterebbe la presenza di un luogo di culto. Di recente nella zona è stato individuato un antico tratto della via Flaminia, che sembra corresse più a monte di quella moderna, lambendo le pendici del colle su cui va localizzato il santuario antico.
È probabile che Bovara, nota anche per altri ritrovamenti d’epoca romana, fosse contemporaneamente sede di un villaggio (pagus), di un luogo di culto e di un mercato del bestiame, così come il nome “Bovara” lascia intendere; confermerebbe l’importanza del luogo anche la sua collocazione all’incrocio tra la via Flaminia e una callis, una via della transumanza, che toccava le località Colle, Bovara e Faustana e, dopo avere attraversato la valle, arrivava a La Bruna, Scigliano, Tervenano e Petrognano.

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