Gualdo Cattaneo
GUALDO CATTANEO
Il territorio di Gualdo Cattaneo appartiene all’ampio comprensorio geografico dei Monti Martani, catena che divide la valle Umbra da quella del Tevere. Aree di ritrovamenti archeologici d’epoca preistorica sono segnalati nella zona compresa tra il fiume Tevere e il torrente Puglia, ad Ilci, come anche a Cavallara-Celestino, località dalle quali provengono manufatti litici d’epoca neolitica; ad epoca protostorica risalgono invece i reperti venuti alla luce a Pomonte, Pozzo e Marcellano, alcuni dei quali, entrati a fare parte della collezione Bellucci, sono ora conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Perugia.
Gualdo è un centro di origine medievale e nell’antichità doveva rientrare, in parte nel territorio di Bevagna, l’antica Mevania, in parte in quello di Todi, l’antica Tuder, importante centro d’origine umbra, che, come noto, ebbe costanti rapporti con la confinante area etrusca mantenendo un ruolo di un certo rilievo per tutta l’epoca romana; a questo centro doveva infatti appartenere tutta la fascia posta lungo il fiume Tevere, all’altezza di Grutti e di San Terenziano.
Tale ampia porzione di territorio non è mai stata oggetto di ricerche sistematiche e le poche notizie relative a manufatti ed a siti archeologici sono dovute a ritrovamenti casuali. La vicinanza con il braccio occidentale della via Flaminia, quello per Carsulae e Bevagna, che transitava tra Bastardo e Montefalco, la fitta rete di itinerari minori e la presenza del fiume Tevere nella zona di San Terenziano, antica via di transito per il legname e le merci che venivano trasportate a Roma, lasciano tuttavia presupporre una concentrazione di insediamenti antichi superiore a quella nota, così come dimostra il ritrovamento delle proprietà appartenute alla famiglia dei Vedii a Grutti. In epoca romana la zona era attraversata dalla strada che da Todi, passando per la località i Santi, Castelvecchio e le Torri, raggiungeva l’antica via Flaminia.
La mappa del territorio con i luoghi di interesse archeologico censiti (clicca sul segnalino per aprire la scheda)
Alcune schede
Gualdo Cattaneo, iscrizione umbra
A Gualdo Cattaneo, in via Veronici n. 8, è riutilizzato un frammento di un’importante iscrizione in lingua umbra, databile tra la metà e la fine del II secolo a.C., recante la scritta Pleno totco, “confine pubblico”. L’iscrizione, di cui sono noti altri esemplari provenienti dal territorio di Mevania, delimitava un’area di pertinenza pubblica, di cui la momento sfugge la natura e la collocazione.
Grutti, monumento funerario, villa, necropoli, epoca romana
Alla distanza di mezzo chilometro nel pendio del monte a mezzogiorno”, nel corso dei lavori per l’impianto di un uliveto, alla fine dell’Ottocento, sono stati riportati alla luce i “ruderi di antiche fabbriche e pezzi architettonici di grandioso edificio”. Trattasi dei resti di un monumento funerario ad edicola, con la fronte a forma di tempietto; le statue rinvenute ritraggono tre personaggi maschili vestiti di toga e dovevano essere poste tra le colonne della fronte. Le iscrizioni monumentali, in lingua latina, identificano il monumento come appartenente alla famiglia dei Vedii.
Nei pressi del monumento sono stati individuati i resti di un grande edificio ornato di mosaici, per certo la villa appartenente a tale famiglia. Nelle vicinanze è stata riportata alla luce anche una necropoli di III secolo a.C., che precede cronologicamente l’occupazione della zona da parte dei Vedii. L’intera area archeologica ora non è più visibile.
Cavallara, “Ponte del Diavolo”
Si colloca a metà circa del percorso della Flaminia compreso tra il Vicus Martis Tudertium (Massa Martana) e Mevania (Bevagna), sul confine con il territorio di Giano dell’Umbria. Realizzato per consentire alla via Flaminia di superare il corso del torrente Puglia, ma di larghezza ben più ampia della sede stradale, come il Ponte Fonnaia nel territorio di Massa Martana, il ponte è lungo oltre 14 metri ed alto oltre 3. Il manufatto è realizzato in opera quadrata di grandi blocchi di varie dimensioni di calcare e travertino locale, con accenno di bugnato sulla superficie dell’intradosso. Riferita ad un’epoca successiva all’apertura della via Flaminia e datata tra il II secolo a.C. e l’età augustea, l’opera deve il suo aspetto attuale ad un intervento di restauro antico, evidente nella diversa tecnica di montaggio dei blocchi nei vari punti della volta.