Nelle aree rurali, le campane scandivano i momenti salienti della vita comunitaria.
A San Lorenzo, ad esempio, l’arrivo di un temporale ritenuto pericoloso per il raccolto, era annunciato dai rintocchi ravvicinati e ripetuti, detti ad “acquaría”, della campana di Sant’Eurosia.
L’abitudine di suonare le campane all’avvicinarsi di un temporale era diffusa ovunque, insieme a quella di sparare in aria colpi di fucile “per rompere le nuvole” e allontanare, così, il pericolo incombente.
Le campane dell’Ave Maria segnavano la fine della giornata lavorativa nei campi e il rientro dei contadini nelle proprie abitazioni.
In caso di calamità o pericolo di vario genere, il suono delle campane chiamava il popolo a raccolta.
Al suono delle campane del Sabato di Pasqua, vi era l’uso di lavarsi il viso con la prima acqua (di fonte o di torrente) che si incontrava, in una sorta di rito purificatore per la rinnovata speranza portata dalla Resurrezione di Nostro Signore.
Le campane, allora come oggi, annunciavano ogni funzione religiosa, come la partenza e il rientro delle processioni, la così detta “accoglienza”, e, con rintocchi particolari, “a morto”, ricordavano la celebrazione dei riti funebri, quasi a richiamare l’attenzione dei vivi sulle persone scomparse, per invitarli ad un momento di raccoglimento e preghiera, un pensiero per il destino che accomuna tutti gli esseri viventi.