Bovara deriva il suo nome quasi certamente dai rinomati buoi che erano allevati sulle rive del Fiume Clitunno.
Si trattava di buoi candidi, molto apprezzati dagli antichi romani. Erano utilizzati, con le corna dorate, ornati di bende e ghirlande fiorite, come vittime nei sacrifici che seguivano i trionfi bellici; un modo per ringraziare gli dei delle conquiste appena effettuate.
Il candore dei buoi di Bovara, secondo Plinio, era dovuto alle proprietà straordinarie delle acque del sacro Fiume Clitunno.
Nel dodicesimo secolo i Benedettini costruirono a Bovara un’importante abbazia con annessa una chiesa, dedicata a San Pietro. Dal 1177, con la benedizione di Papa Alessandro III, San Pietro di Bovara ebbe giurisdizione su molte chiese della zona. Mantenne tali privilegi sino al 1214. A seguito della distruzione di Trevi per opera del duca Theopoldo di Spoleto, conobbe un primo periodo di decadenza.
In questo tempo, in cui il capoluogo rimase disabitato, Bovara ebbe l’onore di una visita da parte di San Francesco, qui giunto con il discepolo Frate Pacifico. Ne Le Memorie Francescane di Trevi del Prof. D. Aurelio Bonaca (Vallecchi Editore Firenze) leggiamo che si ha “speciale memoria” di quattro episodi della presenza di Francesco a Trevi:
- la predica sulla piazza di Trevi, con l’aneddoto dell’asino impaurito che venne acquietato dal Santo. Questi riuscì in tal modo a terminare la sua orazione mentre la bestia rimaneva ferma in silenzio, con la testa tra le gambe, sino alla fine.
- La visita al Lebbrosario di San Tommaso – situato lungo la strada Flaminia, in prossimità del bivio per la località Pietra Rossa, struttura di proprietà privata, ancora oggi esistente – dove il Santo si fermò a lungo, prendendosi cura degli ammalati che consolava e guariva, secondo la tradizione, lavando le loro piaghe con acqua presso la Chiesa di Santa Maria di Pietra Rossa.
- La già ricordata preghiera nella chiesa di Bovara, con l’episodio della visione di Frate Pacifico al quale una voce dolce e soave rivelò che il trono più bello dei cieli, che già fu di Lucifero, era ora riservato all’umile Francesco.
- L’episodio del carcerato liberato miracolosamente da Fra’ Leone, discepolo di San Francesco.
Torniamo alla nostra storia.
Perdurando il periodo di declino, nel 1334, si decise l’unione di San Pietro di Bovara con l’Abbazia di Sassovivo, che nei fatti non si realizzò mai per la decisa opposizione dei ghibellini trevani. Nel 1421 Corrado Trinci, Signore di Foligno, occupò il monastero devastandolo e assicurandosene così le rendite.
Nel 1484 Papa Sisto IV autorizzò il passaggio del monastero ai Benedettini Olivetani, in pratica ratificò una precedente richiesta del Comune di Trevi. Questo, su iniziativa dell’abate che nominalmente reggeva il convento, decise per la cessione del luogo ai monaci di Monte Oliveto, vista l’impossibilità di riportare i religiosi all’osservanza della regola ed anche di recuperarne il dominio effettivo. Gli Olivetani vi rimasero sino al periodo napoleonico. Successivamente la chiesa con i relativi fabbricati e beni fu ceduta alla famiglia Martinez. Ora è una semplice parrocchia, tra le più estese della Diocesi di Spoleto.
Vicino Bovara, poco a valle dell’abitato principale, in località Corciano (o Carpiano), troviamo in mezzo ad un uliveto prossimo alla strada, quello che per la memoria popolare è l’olivo di S. Emiliano.
Note bibliografiche
- Ravagli T. e Filippucci G. TREVI 4 PASSI TRA STORIA E NATURA, Trevi 1997 [il post è tratto dal volume]
- Bonaca A Le Memorie Francescane di Trevi , Vallecchi Editore, Firenze
- Natalucci D. Historia Universale dello Stato Temporale ed Ecclesiastico di Trevi 1745, A cura di Zenobi C., Ed. Dell’Arquata, Foligno 1985