Iconografia
L’iconografia ce lo presenta: come un soldato vestito con tunica e mantello, che regge una spada, o negli episodi salienti della sua vita leggendaria (ad esempio con una bianca colomba, simbolo dello Spirito Santo, sopra il capo).
Vita
Severo nacque, secondo una tradizione agiografica, a Martana, intorno al 380.
La leggenda narra che, militare di professione, ebbe la fortuna di trovare un tesoro mentre arava un suo campo lungo la via Flaminia, con l’aiuto di un bue.
Decise, allora, di uccidere l’animale e di riempire lo stomaco del bovino con quella porzione di preziosi che vi poteva entrare, e di donare tutto il resto all’imperatore dell’epoca [Valentiniano III (?)].
Questi per ricompensarlo lo nominò «Magister militum» (maestro dei soldati o dei cavalieri), titolo molto ambito. Ma come spesso accade in queste circostanze, l’invidia entrò nella vita di Severo nella fattezze di un ricco e potente ravennate, certo Vacco (o Guacco): con la scusa che oggetto della donazione all’Imperatore doveva essere l’intero ritrovamento e non solo la parte decisa da Severo, lo fece arrestare e condurre a Ravenna.
Una delle prime tappe del viaggio fu la cittadina di Montefalco, dove soldati e prigioniero furono costretti a pernottare a causa di un ponte rotto che fece perdere loro la retta strada.
Accampatisi, dunque, per la notte, Severo chiese agli abitanti del posto chi fosse il santo più venerato del luogo e ricevette la risposta che il presbitero Fortunato era morto, da non molto tempo, in odore di santità.
Severo lo pregò a lungo, chiedendo la grazia di essere liberato e promettendo di costruire in suo onore una bella chiesa.
La stessa notte Vacco ricevette in sogno la «visita» di Fortunato, che impose al ricco ravennate di liberare l’innocente che aveva reso prigioniero.
Tra Gubbio e Cagli, il drappello fu raggiunto dall’ordine di scarcerazione per Severo, che comprese di avere ricevuto la grazia dal santo presbitero montefalchese.
Il «Magister militum» decise comunque di proseguire verso Ravenna per conoscere colui che lo aveva fatto incarcerare.
Giunto in città,Vacco gli si fece incontro chiedendo il suo perdono; Severo lo perdonò in nome di Dio e lo convertì, con tutta la famiglia, alla fede cristiana.
Nel viaggio di ritorno, fedele alla promessa, Severo si fermò nei pressi dei luoghi ove era vissuto Fortunato e vi fece erigere una bella chiesa a lui intitolata (la chiesa-convento di San Fortunato di Montefalco).
Le spoglie mortali del santo montefalchese furono traslate nella nuova costruzione e Spes, vescovo di Spoleto, vi giunse per la consacrazione, rimanendo ben otto giorni.
Durante le celebrazioni, Severo ricevette la visita di una colomba bianca, quasi a sancire che lui stesso sarebbe stato santo.
La visita della colomba bianca è spesso presagio di futura santità e vari racconti riferiti ai primi tempi del cristianesimo narrano di vescovi nominati grazie a una candida colomba che ripetutamente si posava sul capo del prescelto per indicare chi il Signore avesse individuato come degno di quella carica.
A seguito di vari prodigi, negli ultimi due anni della sua vita Severo si ritirò in preghiera in un «orrido e solitario luogo», vivendo e pregando in grotte o sotterranei in cui ricavò anche un oratorio dedicato alla Madonna, nei pressi dell’odierno paesino di Terzo San Severo (comune di Spoleto).
È interessante notare anche questa similitudine con la vita di san Fortunato. Qui Severo morì, in odore di santità, il primo giorno del mese di febbraio dell’anno 445.
La leggenda narra, infine, che i cittadini di Montefalco vollero per loro le spoglie mortali di Severo, che furono pertanto traslate nella chiesa da lui stesso eretta e dedicata a san Fortunato, ove è ancora oggi il sarcofago di Severo, santo amato così tanto da essere nominato compatrono della cittadina umbra (con lo stesso san Fortunato e in seguito anche con santa Chiara).
La tradizione ricorda Severo come un fecondo costruttore di chiese, ma quasi tutte le attribuzioni al Santo massetano sono cadute nell’oblio della memoria ad eccezione di quella di Santa Maria in Pantano.
Qui finisce il racconto leggendario che la storia non è in grado di documentare, mancando dati certi sulla vita e sulle opere di questo soldato della città martana.
Protezione
Il culto di Severo è strettamente legato a quello di san Fortunato, favorito (come ben narrato nell’interessante volume San Severo Magister Militum a cui rinviamo per tutti gli approfondimenti) nel particolare periodo storico della dominazione longobarda, dall’espansione del Ducato di Spoleto.
Non esiste una data ufficiale di celebrazione, in quanto san Severo non è riportato nel Martirologio romano, lo Jacobilli, tuttavia, nella sua Vite de’ Santi e Beati dell’Umbria ricorda che si festeggiava il 1 febbraio (festa principale) e il 23 ottobre (in ricordo della traslazione delle spoglie mortali presso la chiesa di San Fortunato).