STORIA DEL LUOGO
La Bruna, fino ad alcuni decenni fa, era un insediamento di poche case cui il santuario ha fatto da eponimo. Dopo la seconda guerra mondiale ha avuto un notevole sviluppo, favorito dal confluire di strade provenienti da diverse direzioni. Presso il ponte sul Tatarena, punto di pedaggio medievale dei signori di Castel Ritaldi, la strada Spoleto-Montefalco, ben nota ai tempi di Federico II, s’incrocia con un diverticolo che, scavalcando Montemartano-Acqua Canale, già in epoca romana collegava i due bracci della Flaminia: ne è testimonianza il ritrovamento di monete romane del III secolo a.C. (pezzi di aes rude, grave e signatum) nei pressi del santuario (del ritrovamento di monete di un probabile peculio militare, ad opera di Giuseppe Sordini nel 1890, rimangono i calchi conservati nel Museo Archeologico di Firenze; nella “Rivista Italiana di Numismatica” (anno IV, Fasc. I-II) a cura di L. A. Milani, Aes rude, signatum et grave, 1891, sono pubblicate le 15 tavole che riproducono le monete rinvenute presso La Bruna di Castel Ritaldi).
All’origine dell’affresco e del santuario è il prodigio già descritto verso la metà del XVII secolo in una pergamena del rettore della chiesa di don Bernardino Sperandio (R. Cordella, A. Inverni, S. Brizio di Spoleto, la Pieve e il Santo, Accademia Spoletina, 2000, in Appendice di documenti, XVII, p. 151). Questa la narrazione dell’evento prodigioso: il giorno 6 giugno 1506 una compagnia di devoti pellegrini lombardi, recandosi a venerare le sacre spoglie della Beata Chiara di Montefalco, a cagione del lungo viaggio e degli eccessivi ardori del sole, sostò alquanto presso il ponte del Tatarena, all’ombra gradita di alcune querce secolari. Quei pellegrini erano vestiti di sacco e recavano un grande stendardo, nel quale era dipinta la SS. Vergine col Bambino in braccio. Alzatisi dopo breve ora per riprendere l’interrotto cammino, non fu possibile a quei devoti di sollevare di terra lo stendardo, per quanto vi si affaticassero con forza e con arte. Illuminati da celeste ispirazione, conobbero essere quello un luogo scelto dalla Madonna per ottenervi speciale venerazione e pregarono un pittore che riproducesse subitaneamente in un piccolo muro la bella effigie di Maria rappresentata nello stendardo. Infatti non appena l’artefice ebbe delineata sul muro la Santa Immagine, poterono i pellegrini ritogliere lo stendardo alla terra e proseguire il viaggio. Il giorno appresso si recò il pittore presso il Tatarena a terminare il suo lavoro, ma con grande sua meraviglia e commozione trovò l’opera condotta a termine da mano divina. Divulgatasi la fama del prodigio, fu un accorrere ininterrotto di persone da Castel Ritaldi e dai paesi circostanti, le quali tutte vollero prendere cognizione diretta del fatto e vedere coi propri occhi la figura della Vergine, donata loro quasi dal Cielo. Soddisfatta la pia curiosità, si levarono dai petti inni di giubilo e voci di preghiera, imploranti sui miseri, sugli afflitti le misericordie di Maria; e piovvero le grazie come rugiada su le turbe supplichevoli, quale premio alla loro fede e alla loro pietà. Fu così che il desiderio di erigere lì presso una Cappella alla Vergine nacque spontaneo in tutti i cuori; e l’Università di Castelritaldi, ottenutane licenza dal Vescovo Francesco Eroli, soddisfece al desiderio popolare, facendovi costruire una devota Cappella e un altare, perché la devozione dei fedeli vi si effondesse liberamente” (tra le tante, questa è la versione che il Fausti dedusse dagli atti della visita pastorale del vescovo P. G. Lascaris, 22.10.1715, ASD di Spoleto, IV, c.312 v. e segg. In Per la incoronazione della Madonna SS. della Bruna, Spoleto, 1919).
Del santuario detenne il giuspatronato e la nomina del cappellano il comune di Castel Ritaldi che, fin dalla fondazione, ne affidò la gestione ai padri agostiniani. Il 1.10.1950 l’arcivescovo Raffaele Radossi istituì la parrocchia di S. Maria della Bruna. Fino al 1956 fu meta di affollate processioni dai luoghi del circondario la prima domenica di maggio. Nell’estate del 2002, nel riordino della diocesi di Spoleto, la parrocchia confluì, insieme a quelle di Colle del Marchese e di Castel Ritaldi, nella nuova parrocchia di S. Gregorio in Nido
EDIFICIO
DESCRIZIONE
Il santuario si caratterizza come una fabbrica a pianta centrale in cui alle tre absidi si congiunge una corta navata. L’esterno, interamente a mattoni percorso da lesene, è animato da una serie di finestre in alto, prossime al tetto sul quale emergono la torretta della lanterna e il campanile a vela. Numerosi gli studiosi che si sono interessati al monumento, si rinvia pertanto ai loro contributi per un adeguato approfondimento e alla bibliografia generale per indicazioni precise sulle opere da consultare
DATAZIONE
Del 30 agosto 1510 è la bolla di fondazione del vescovo di Spoleto Francesco Eroli, ma l’intera opera fu compiuta oltre un secolo dopo (R. Cordella, A. Inverni, 1985, pp. 107-108]
STATO DI CONSERVAZIONE
Discreto dopo i recenti interventi
USO ATTUALE
Chiesa officiata
IMMAGINE
ICONOGRAFIA
Madonna col Bambino benedicente in braccio assisa su una nuvola e attorniata da due angeli oranti
DATAZIONE
1506
AUTORE/ATTRIBUZIONE
Tiberio Diotallevi di Assisi (R. Cordella, A. Inverni, 1985, p.102]
TECNICA E STATO DI CONSERVAZIONE
Affrescosulla parete di fondo della primitiva cappella, sopra l’altare, accolto da una cinquecentesca tribuna in pietra; stato di conservazione ottimo: restaurato nel 1976-1978
DIMENSIONI
cm. 182×143
OSSERVAZIONI E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Le due corone dei divini personaggi furono donate per propiziare la fine della prima guerra mondiale, con offerte raccolte nel circondari (luglio-ottobre 1918]
ISCRIZIONI
MONSTRA TE ESSE MATREM (in alto, sulla fascia in pietra della tribuna)
RILEVATORE
Alfiero D’Agata
DATA DI RILEVAZIONE
15/9/2005
SCHEDA TRATTA DAL VOLUME
Madonna con Bambino e angeli
Affresco, Tiberio Diotallevi d’Assisi (?), inizi XVI secolo
La Bruna, fino ad alcuni decenni fa insediamento di poche case cui il santuario ha fatto da eponimo, dopo la seconda guerra mondiale ha avuto un notevole sviluppo, favorito dal confluire di strade provenienti da diverse direzioni.
Presso il ponte sul Tatarena, punto di pedaggio medievale dei signori di Castel Ritaldi, la strada Spoleto-Montefalco, ben nota ai tempi di Federico II, s’incrocia con un diverticolo che, scavalcando Montemartano-Acqua Canale, già in epoca romana collegava i due bracci della Flaminia: ne è testimonianza il ritrovamento di monete romane del III secolo a.C. (pezzi di aes rude, grave e signatum) e la presenza di un cippo intitolato a Giove (D.O.M.) nei pressi del santuario.
All’origine dell’affresco e del santuario è il prodigio, già descritto verso la metà del XVII secolo, in una pergamena del rettore della chiesa, don Bernardino Sperandio.
Questa è la narrazione dell’evento prodigioso: «il giorno 6 giugno 1506 una compagnia di devoti pellegrini lombardi, recandosi a venerare le sacre spoglie della Beata Chiara di Montefalco, a cagione del lungo viaggio e degli eccessivi ardori del sole, sostò alquanto presso il ponte del Tatarena, all’ombra di querce secolari. I pellegrini vestiti di sacco recavano un grande stendardo, nel quale era dipinta la SS. Vergine con Bambino in braccio. Alzatisi dopo breve ora per riprendere l’interrotto cammino, non fu possibile a quei devoti di sollevare di terra lo stendardo, per quanto vi si affaticassero con forza e con arte. Illuminati da celeste ispirazione, conobbero essere quello un luogo scelto dalla Madonna per ottenervi speciale venerazione e pregarono un pittore che riproducesse subitaneamente in un piccolo muro la bella effigie di Maria rappresentata nello stendardo. Infatti non appena l’artefice ebbe delineata sul muro la Santa Immagine, poterono i pellegrini ritogliere lo stendardo alla terra e proseguire il viaggio. Il giorno appresso si recò il pittore presso il Tatarena a terminare il suo lavoro, ma con grande sua meraviglia e commozione trovò l’opera condotta a termine da mano divina. Divulgatasi la fama del prodigio, fu un accorrere ininterrotto di persone da Castel Ritaldi e dai paesi circostanti, le quali tutte vollero prendere cognizione diretta del fatto e vedere coi propri occhi la figura della Vergine, donata loro quasi dal Cielo. Soddisfatta la pia curiosità, si levarono dai petti inni di giubilo e voci di preghiera, imploranti sui miseri, sugli afflitti le misericordie di Maria; e piovvero le grazie come rugiada su le turbe supplichevoli, quale premio alla loro fede e alla loro pietà. Fu così che il desiderio di erigere lì presso una Cappella alla Vergine nacque spontaneo in tutti i cuori; e l’Università di Castelritaldi, ottenutane licenza dal vescovo Francesco Eroli, soddisfece al desiderio popolare, facendovi costruire una devota Cappella e un altare, perché la devozione dei fedeli vi si effondesse liberamente» (L. Fausti, 1919).
La notizia della veneranda immagine riprodotta dal pittore e conclusa «da mano angelica» sul muro di una modesta edicola (1506), prima dell’erezione del santuario (Editto del vescovo F. Eroli, 1510), è accolta e ripetutamente confermata dalla tradizione storico-religiosa.
Il santuario si caratterizza come una fabbrica a pianta centrale in cui alle tre absidi si congiunge una corta navata. L’esterno, interamente a mattoni percorso da lesene, è animato da una serie di finestre in alto, prossime al tetto sul quale emergono la torretta della lanterna e il campanile a vela.
L’affresco, sulla parete di fondo della primitiva cappella, sopra l’altare, è accolto da una cinquecentesca tribuna in pietra.
Restaurato nel 1978, è in ottimo stato di conservazione.
Le due corone dei divini personaggi furono donate per ringraziare la Vergine per la conclusione della prima guerra mondiale, con offerte raccolte nel circondario (luglio-ottobre 1918).
Iscrizione
MONSTRA TE ESSE MATREM (sulla tribuna in pietra)