C’è un monumento del mondo medievale relativamente invisibile tra le nostre montagne.
Eppure esiste e da tempo immemore, sopravvivendo al passaggio di epoche e sistemi economici totalmente differenti.
Questo ‘monumento’ sono i domini collettivi: terreni di proprietà condivisa tra gli abitanti di un determinato villaggio, secondo un sistema di distribuzione delle risorse rurali tipicamente medievale.
Si tratta di terreni poco redditizi, posti in zone non adatte allo sfruttamento agricolo, ma che potevano garantire una valida integrazione per l’economia familiare degli abitanti della zona: pascolo, taglio del legname, raccolta dei frutti del bosco…
Se si guarda alla carta, infatti, si nota come tali terre non siano quasi mai presenti nelle valli di montagna, decisamente più appetibili economicamente e, dunque, soggette a proprietà privata.
Il caso di Pettino, dove praticamente l’intero territorio è collettivo, eccezion fatta per la valle, ne è una conferma.
Questo fossile del Medioevo è disseminato un po’ ovunque lungo la catena appenninica centrale e solo nel nostro territorio era organizzato in 6 entità: Manciano, Ponze, Santa Maria in Valle, Coste, Bovara e Pigge, la gran parte esistenti ancora oggi.
Molti di voi conosceranno certamente queste terre come i terreni delle “Comunanze”, dal nome che queste associazioni locali hanno preso in epoca relativamente recente. Tuttavia, la loro origine è molto più antica e, almeno a Trevi, ben documentata.
Le prime notizie certe partono dal ‘300, quando il Comune di Trevi, secondo un fenomeno tipico del periodo, ha già iniziato ad assorbire queste proprietà nel demanio comunale.
Nel 1385, infatti, il Comune concede in locazione delle terre presenti sul Monte di Pigge, dove un documento del 1430 ricorda pascoli e boschi.
Nel 1432, il nuovo Statuto di Trevi torna sull’argomento, specificando norme a tutela dei pascoli comunali del Serano (Rubrica 270). Nello stesso testo, però, il Comune riconosce diritti esclusivi di raccolta dell’erba per gli abitanti di Coste sui monti di loro pertinenza (Rubrica 269), a dimostrazione che i pascoli comunali altro non erano che antiche terre collettive demanializzate. Non a caso, pochi anni dopo (1464), il Comune di Trevi assorbirà anche le terre collettive degli abitanti di Manciano.
Solo in epoca più recente, con la costituzione delle Comunanze, si è data una nuova definizione a queste vaste estensioni terriere e ai diritti degli abitanti di metterle a frutto.
Tuttavia, i loro confini dovrebbero essersi perpetrati in modo piuttosto conservativo, tanto da tener conto di situazioni patrimoniali scomparse da tempo.
Ad esempio, l’assenza di terreni collettivi a Riosecco, un tempo contea dei Valenti, o sul Monte Matigge, di proprietà dell’Abbazia di S. Stefano di Manciano prima e del Vescovato di Spoleto poi.
Inoltre è interessante che la scomparsa di alcune comunità non abbia comportato l’assorbimento delle terre collettive da parte dei vicini.
Questo è il caso di Castiglione e Raticosa, villaggi scomparsi nel XVIII secolo, laddove oggi non vi sono terre collettive di Manciano e Ponze.
Dati cartografici:
Dati storici:
- 🔴 AA.VV. Le Comunanze Agrarie dell’Umbria, voll. I-II, Perugia 1984
- 🔴 S. Bordoni Statuto Vetustiore: Statuti, Ordinamenti e Provvedimenti Municipali della Città e del Popolo di Trevi (1432), Perugia 2019, rubriche 269-270
- 🔴 S. Bordoni Il Medioevo di Trevi. Breve storia di mille anni, Perugia 2013, p. 67
- 🔴 D. Natalucci Historia universale dello stato temporale ed ecclesiastico di Trevi (1745), a cura di C. Zenobi, Foligno 1985, cc. 541, 578