17 maggio 1817, accadeva a Bovara il Miracolo delle Acque...
Era un periodo di terribile crisi economica.
Francesi e austriaci avevano da poco finito di contendersi l’Italia, lasciandoci letteralmente in ginocchio.
Come non bastasse, il Marroggia, dopo la rovinosa piena del 1801, dilagava liberamente per la valle, devastando a piacimento.
Nel 1817, poi, una lunga siccità piagava l’agricoltura, già amaramente afflitta.
Per devozione e disperazione, nella villa di Bovara si decise di indire una processione straordinaria del Crocefisso della chiesa di San Pietro.
Secondo la tradizione, una provvidenziale pioggia irruppe dal cielo appena terminata la cerimonia, facendo gridare al miracolo.
Da quel dì, si decise di commemorare l’avvenimento con una processione, dapprima ogni 25 anni e, in tempi più recenti, a cadenza quinquennale.
La processione concludeva i festeggiamenti in onore del Santissimo Crocifisso
Purtroppo quest’antica tradizione, un tempo persino capace di richiamare i migranti trevani dalle Americhe, è morta nel (presente) 2020.
Nel 2020, infatti, si è deciso di non celebrarla e ciò prima che il virus la rendesse infattibile.
Nell’accorata speranza che qualcuno, il prossimo quinquennale, voglia riprenderla e tutelarla, vogliamo ricordare la processione nel suo antico splendore con una foto di Vincenzo Giuliani (1904-1980), risalente agli anni ’50.
La foto è stata pubblicata sul sito della Pro Trevi da Franco Spellani, al quale link rimandiamo per ulteriori contenuti su questo importante monumento della tradizione trevana e sul perché non dovremmo perderlo:
La processione del Miracolo delle Acque di Bovara nel suo antico splendore in una foto di Vincenzo Giuliani (1904-1980), risalente agli anni '50, pubblicata nel sito della Pro Trevi a cura di Franco Spellani. La foto è stata restaurata a colori da Stefano Bordoni che l'ha pubblicata
Ulteriori informazioni sulla processione del Miracolo delle Acque a Bovara:
- C. Zenobi, Storia di Trevi 1746-1946, Foligno 1987, pag. 38
Un post a cura di Stefano Bordoni, redattore del MOST e archeologo