Pale, l’ambiente, le orchidee

Il monte di Pale (in Umbria) è un aspro rilievo che si eleva fino alla quota di m 958 s.l.m., in destra idrografica della bassa valle del fiume Menotre, a nord-est della città di Foligno.

I versanti sud-occidentali del monte, generalmente erti e severi, sono incisi da stretti valloni e caratterizzati da ripide pareti rocciose, da sempre palestra di roccia per gli alpinisti folignati.
La netta morfologia del Sasso è dovuta alle peculiarità della roccia più antica qui affiorante: il Calcare Massiccio, formazione che caratterizza probabilmente i paesaggi più suggestivi dell’Umbria.
Si tratta di un calcare in banchi di spessore metrico che gli donano l’aspetto massivo da cui deriva il nome.
Il Calcare Massiccio è l’unico esempio in tutto l’Appennino Umbro-Marchigiano di sedimento di piattaforma carbonatica di acqua bassa con associazione di tipo clorozoan tropicale.
Qui, protetto in un incavo della roccia, sorge l’antico Santuario di Santa Maria Giacobbe, luogo di preghiera e di silenzio con pregevoli dipinti del XIV secolo.
Lo possiamo raggiungere attraverso un sentiero conosciuto come “Via Crucis”.
Il paesaggio di questa zona dell’Umbria è sicuramente segnato da un corso d’acqua: il Menotre, un bel fiume, affluente del Topino, appartenente, con questo, al sistema idrografico tirrenico.
Dopo il paese di Rasiglia, le acque del Menotre sono da tempi immemori utilizzate intensamente per diverse attività dell’uomo: per l’irrigazione di campi ed orti; in passato specialmente come forza motrice per diversi opifici, tra i quali ricordiamo le “famose” cartiere di Pale; attualmente per alimentare alcune piccole centrali idroelettriche, con la conseguente realizzazione di numerosi canali di derivazione.
La valle del Menotre, da sempre, rappresenta per questa zona la via di comunicazione più naturale verso il mare Adriatico e termina con la confluenza del “piccolo fiume per grandi servizi” nel fiume Topino, alla quota di m 256 s.l.m., lasciando dietro di sé un ambiente ancora ricco e vitale che iniziamo ora a conoscere.
L’insieme vegetazionale e faunistico, con la suggestione data dall’imponenza del Sasso, fa della zona di Pale (dall’Altolina al Sasso) una delle più interessanti dell’Umbria sia da un punto di vista naturalistico, sia ambientale.
I versanti occidentali e meridionali sono ricoperti da una vegetazione rupestre ove predomina il leccio (Quercus ilex), costituendo sicuramente una delle leccete rupicole più notevoli della nostra regione, riferibile all’associazione Orno-Quercetum ilicis.
Più in basso sui versanti brecciosi, ove si ha la supremazia del detrito di falda, si sviluppa una boscaglia mediterranea formata da arbusti e suffrutici sempreverdi molto bassi con abbondanti piante erbacee, ricca di euforbie.
Negli ambienti semi-rupestri vi è poi da annotare la presenza di numerosi esemplari di bagolaro (Celtis australis).
Sul versante orientale, dalle pendenze più dolci e con una esposizione solare meno intensa, troviamo le condizioni per la presenza del bosco di carpino nero (Ostrya carpinifolia).
Spostandoci dal corso d’acqua verso l’interno diviene predominante un bosco misto con acero minore (Acer monspessulanum), orniello (Fraxinus ornus) e carpino nero.
Si tratta di una formazione di caducifoglie, l’Orno-Ostrieto, che presenta altre specie, come l’acero montano e il già citato bagolaro, e tra le erbacee, il pungitopo, la robbia, lo strappa-camicie (Smilax aspera), il ciclamino, ecc.
Lungo la valle del Menotre, infine, vi è la tipica formazione vegetazionale ripariale con salici e pioppi.
In prossimità delle diverse cascate formate dal corso d’acqua, ove l’umidità diviene uno degli elementi ambientali preminenti, non possiamo dimenticare il farfaraccio (Petasites hybridus), composita dalle grandi foglie grigio-verdastre e pelose, e la grande ricchezza di felci.
Tra queste ricordiamo la delicata capelvenere, l’esuberante lingua di cervo ed ancora la discreta felce dolce con l’erba ruggine e la falsa capelvenere, presenze consuete anche tra le rocce e gli anfratti dei vecchi muri in pietra.
In questi luoghi particolarmente roridi vegetano copiose l’edera, il luppolo, l’olmaria, il sambuco nero ed altre specie ancora.
Tra le rocce calcaree, come tra i banchi di travertino, troviamo l’ombelico di Venere, l’erba pignola, dalle piccole foglie carnose, l’euforbia spinosa, il timo, la violacciocca e il bell’asfodelo giallo, che dell’ambiente di Pale costituisce una caratteristica quasi unica.
Le aree sommitali, povere di vegetazione, sono pascoli secondari con associazione tipo Asperulo purpureae-Brometum erecti.
Vi abbonda l’elicriso e tra gli arbusti meritano un accenno i ginepri (sia il comune, Juniperus communis, sia il rosso o spinoso, J. oxycedrus).
Quando poi l’ultima neve, e con essa i rigori dell’inverno, lascia il posto ai primi tepori di primavera, questi luoghi si popolano di crochi e pallidi zafferanetti, di varie composite e di potentille a sette foglie, e ovunque fioriscono le più comuni pratoline (Bellis perennis), che il grande poeta inglese Shelley ebbe a comparare a “stelle perlacee della terra”.
Seguono i piccoli eliantemi gialli, il più grande e candido eliantemo dell’appennino, la valerianella, inconfondibile nel suo abito rosa-antico, e nel bosco spicca per abbondanza l’anemone color cilestrino (anemone dell’appennino, talora caratterizzato, però, da petali bianchicci).
Ovunque, sin dalla fine dell’inverno, troveremo i velenosi ellebori sia della specie Helleborus viridis subsp. bocconei, a fiori verdi, sia di quella H. foetidus, dai fiori globosi spesso contornati da un sottile bordo rossastro e dall’inconfondibile odore fetido, da cui deriva il suo nome specifico.
Finché sarà il gelo a farla da padrone con promesse di neve o la persistente presenza di venti freddi di tramontana l’elleboro resterà chiuso in se stesso, mantenendo i suoi boccioli verdi stretti nella propria essenza globosa.
Il fogliame stellato di colore verde carico celebrerà, anche al di fuori dalla stagione primaverile, in cui la natura ritrova ogni sua più feconda e taciuta energia vitale, la forza durevole di queste piante, certo poco amate.
Vale la pena avere presente che il termine Helleborus deriva dal greco e significa “cibo mortale”, a rammentarne la pericolosità.
Uno degli elementi floristici di maggiore spicco nel territorio di Pale e dell’Altolina è poi l’olivo.
Questa pianta copre praticamente per intero i pendii che contrassegnano il passaggio dall’ambiente vallivo a quello più aspro e dirupato del Sasso.
Ne definisce il carattere rasserenante, mitigando con il verde-argento delle sue foglie l’aridità dei detriti su cui è stata piantata dall’uomo nei secoli, per avvalersi a fini agricoli di terreni diversamente inutilizzabili per altre colture.

Tra i fiori che popolano e colorano questi luoghi meritano un cenno particolare le orchidee, regine inusitate dei recessi più incontaminati del nostro territorio.

Negli assolati pascoli e radi cespuglieti sommitali spicca la presenza dell’orchidea screziata o tridentata (Neotinea tridentata), della pauciflora (Orchis pauciflora), dell’orchidea farfalla (Anacamptis papilionacea), del giglio caprino (Anacamptis morio), dell’orchidea maggiore (Orchis purpurea), della ballerina (Orchis anthropophora) ed ancora dell’ofride scura (Ophrys fusca  subsp. funerea), della fior ragno (Ophrys sphegodes subsp. classica), della fior di specchio (Ophrys bertolonii) e della ofride dei fuchi (Ophrys holosericea subsp. appennina). In questo ambiente si segnala anche la possibile presenza di alcuni individui probabilmente riferibili alla Ophrys incubacea – dato tuttavia ancora da confermare.
Bellissima tra la fine dell’inverno e inizio della primavera è la fioritura, dal giallo al violetto, di prati interi di pauciflora e giglio caprino accompagnate da una ricca popolazione di fior ragno.
Specialmente al margine dei boschi o nelle luminose radure, che interrompono la monotonia della mezz’ombra prevalente, troviamo la piccola orchidea bruciacchiata (Neotinea ustulata), capace di sfidare l’afosa calura di questi assolati prati montani, l’orchidea scimmia (Orchis simia), il fior di stecco (Limodorum abortivum), con le già citate orchidea tridentata, pauciflora e giglio caprino.
Nel fitto della boscaglia, ove prende il sopravvento la frescura ombrosa di carpino e roverella, rileviamo la presenza delle due cefalantere, bianca e giallastra (Cephalanthera longifolia e Cephalanthera damasonium, rispettivamente).
Alla fine di maggio le orchidacee avranno quasi terminato la loro straordinaria fioritura e sui pascoli sommitali permarranno quasi esclusivamente le orchidee piramidali (Anacamptis pyramidalis), che potremo continuare ad ammirare sin sulla soglia di ogni nuova estate.
Specialmente nei rimboschimenti a conifere potremo ancora avere l’occasione di osservare le poco appariscenti platantere (Platanthera bifolia, platantera comune, e Platanthera chlorantha, platantera verdastra), con le ultime orchidee scimmia.

Grazie al Gruppo GIROS – Umbria, possiamo aggiornare questa brevissima check-list delle orchidee del monte di Pale con il ritrovamento di diversi esemplari di Dactylorhiza insularis (Sommier) Landwehr. Negli stessi ambienti, annotiamo la presenza della più comune Dactylorhiza sambucina.

Per finire ricordiamo che il Sasso di Pale e la valle del Menotre sono segnalati nel Censimento Regionale dei Geotopi dell’Umbria (1988) – Progetto Bioitaly, per interesse stratigrafico, morfologico, paleontologico e strutturale.

Questo articolo è stato pubblicato sul n. 27, settembre 2004, di GIROS Notizie (aggiornato al 2024)

Le orchidee del monte di Pale

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