Le testimonianze fossili dell’area di Spoleto sono rare e praticamente rappresentate tutte nella Collezione Francesco Toni: sono costituite da frammenti di Mastodonte e di Tapiro.
Vi sono ancora frammenti di denti di Mastodonte nella Collezione Favi, recentemente pervenuta al Laboratorio di Scienze della Terra, e si è avuta visione ancora di altri frammenti nella raccolta di Luigi Percivalli.
Considerando il ruolo avuto dal Favi e dal Percivalli, di direttori delle Miniere, si può facilmente ipotizzare che eventuali ritrovamenti più importanti avrebbero lasciato traccia nelle raccolte o nella memoria, mentre non si ha notizia di altri reperti diversi da quelli citati.
Lo stato dei ritrovamenti nelle miniere spoletine contrasta molto con altre situazioni, come ad esempio quello della miniera di Pietrafitta, in cui, facendo tutte le distinzioni del caso in relazione alle diverse condizioni morfologiche e di età dei giacimenti, si può annotare che:
- i reperti faunistici sono abbondanti
- i resti sono tra loro coerenti
- sono stati trovati anche scheletri interi
La cosa non sorprende in quanto l’ambiente torboxiloide si presta bene alla conservazione delle carcasse animali (basti pensare alle mummie ritrovate nelle torbiere di Tollund in Danimarca).
La situazione di Spoleto è nettamente diversa. Nelle miniere spoletine sono stati ritrovati soprattutto dei frammenti fossili, sia nelle sabbie di tetto del banco lignitifero, alla profondità di 300 metri (testimonianza Percivalli), sia nella porzione superficiale delle ligniti torboxiloidi, come testimonia lo stesso Toni: «Il signor Capponi, che esercitava la legnite di Morgniano con la direzione del professore Moro, mi scrisse che i denti erano stati tutti rinvenuti tra la legnite, un metro circa, sotto la sua superficie, dopo aver tolto il cappello ghiaioso e terroso; e che fossero entro la legnite e non superiormente, lo dimostra il colore nerastro che ha penetrato l’avorio, il quale però mantiene la sua lucentezza e l’aver trovato nel dente terzo molare superiore destro, alla sua base e negli alveoli, delle scaglie di legnite che ne indicavano il contatto e mostravano la pressione sostenuta. I denti dei due Mastodonti furono trovati allo stesso livello; per cui se il M. Borsoni appar bene allo strato inferiore pliocenico, anche l’arvernensis, appartiene allo stesso strato che si può chiamare miocene superiore o miopliocene; e lo stesso dicasi del Tapirus arvernensis» (F. TONI, 1888).
Dalle indicazioni riportate e dalle testimonianze raccolte si può riassumere che, generalmente, i resti fossili presenti nelle miniere di Spoleto sono soprattutto frammenti di animali diversi, provenienti sia dalle ligniti torboxiloidi, appena sotto il ‘cappellaccio ghiaioso e terroso’, sia dalle sabbie presenti in altri luoghi al tetto del banco.
QUESTO POST È TRATTO DA: LA FORMAZIONE DEI GIACIMENTI – Miniere di lignite in Umbria [QUADERNI DEL LABORATORIO DI SCIENZE DELLA TERRA nn. 2-3/2006], VOLUME A CURA DI BRUNO MATTIOLI
CAPITOLO CURATO DA: Antonella Manni, Bruno Mattioli, Tiziana Ravagli