Felce aquilina

409 307 Ambiente e Biodiversità
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Nome comune: felce aquilina
Specie: Pteridium aquilinum (L.) Kuhn

Famiglia: HYPOLEPIDACEAE

La felce aquilina è forse la più diffusa tra tutte le felci del continente europeo.
Ha fusto rizomatoso a crescita sotterranea orizzontale, foglie con lamina a contorno triangolare, 2-3 pennatosette.
I sori sono disposti ai bordi delle foglie, protetti semplicemente dai bordi fogliari, che si avvolgono su se stessi.
La felce aquilina può arrivare a raggiungere i 2 m di altezza.

Note

Nel nostro territorio e in generale in Italia è presente la sola sottospecie nominale: Pteridium aquilinum (L.) Kuhn subsp. aquilinum

Tossicità

La felce aquilina contiene una sostanza, la tiaminasi, che distrugge la vitamina B1, una sostanza che provoca tumori, tannini ed altro ancora.
Si conoscono casi di avvelenamento di animali che hanno pascolato in prati o ai bordi delle boscaglie infestate da questa felce.
Non si conoscono, invece, casi di avvelenamento di esseri umani e d’altronde poiché questa, come tutte le felci, non ha fiori o bacche, sarebbe davvero difficile essere tentati di assaggiare le fronde fogliose.

Curiosità

La felce aquilina è l’unica specie europea del genere Pteridium, cresce nelle foreste, specialmente nelle radure luminose, ai bordi dei boschi o nei pascoli a substrato umido.

Logo ActaplantarumLink da Actaplantarum:  Pteridium aquilinum

 

Wikipedia
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Felce aquilina
Pteridium aquilinum
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheophyta
DivisionePolypodiophyta
ClassePolypodiopsida
SottoclassePolypodiidae
OrdinePolypodiales
FamigliaDennstaedtiaceae
GenerePteridium
SpecieP. aquilinum
Nomenclatura binomiale
Pteridium aquilinum
(L.) Kuhn
La felce aquilina in una foresta

La felce aquilina (Pteridium aquilinum (L.) Kuhn) è una pianta vascolare della classe delle Polypodiopsida (Felci).

Il nome comune della specie sarebbe dovuto alla forma del rizoma, che in sezione ricorda il profilo di un'aquila.[senza fonte]

Caratteri botanici

Illustrazione botanica.

È una pianta erbacea perenne di notevole sviluppo (può raggiungere anche i 2 metri d'altezza), provvista di un grosso rizoma strisciante, da cui emergono le fronde annuali. Le fronde hanno un profilo triangolare e sono lunghe anche fino a 1 metro, con larghezza maggiore che può superare i 50 cm; sono pennate, con 2-3 ordini di divisioni (bi- tripennatosette). Le divisioni più piccole (pinnule) sono oblunghe, più o meno allungate, con margine generalmente intero. In autunno il colore vira dal verde al rossastro.

I sori sono lineari, disposti lungo il margine sulla pagina inferiore delle pinnule e ricoperti dal margine ripiegato. La sporificazione ha inizio in tarda primavera e si protrae per tutta l'estate.

Distribuzione e habitat

Specie cosmopolita, diffusa in tutte le regioni temperate e subtropicali, sia nell'emisfero settentrionale sia in quello meridionale, in Italia è presente in tutto il territorio, comprese le isole, dal livello del mare fino ad oltre i 2000 metri di altitudine.

Vegeta su suoli a matrice silicea, anche aridi, nei boschi, nelle macchie e nei pascoli. Nelle radure e nei pascoli può formare estese e fitte coperture fino a diventare una vera e propria infestante. La sua diffusione su superfici estese è indice di un probabile degrado ambientale perché gli incendi ne favoriscono il ricaccio e la moltiplicazione.

Per le sue proprietà tossiche è una pianta infestante dei pascoli.

Farmacologia

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Fronde di felce aquilina.

Pur essendo meno popolare di altre felci, anche alla felce aquilina sono attribuite proprietà vermifughe associate al rizoma. L'uso di questa pianta a scopo medicinale è tuttavia rischioso a causa della sua tossicità.

Tossicità

La felce aquilina contiene un principio attivo di tipo enzimatico termolabile[1] (tiaminasi o neurinasi) che provoca la distruzione della tiamina (Vitamina B1). L'ingestione di questa pianta da cruda può provocare gravi avvelenamenti, potenzialmente letali, nell'uomo e negli animali monogastrici (soprattutto nel cavallo), mentre sarebbero tolleranti i ruminanti, in grado di sfruttare largamente la tiamina operata dalla microflora del rumine. Un secondo principio attivo, termostabile, può provocare gravi emorragie ed anemia nei ruminanti.

La pianta contiene anche ptaquiloside, un composto cancerogeno;[2] le comunità (soprattutto in Giappone) che consumano i giovani fusti come vegetale, hanno un livello di cancro allo stomaco tra i più elevati al mondo.[3] Si ritiene che il consumo di latte contaminato da ptaquiloside contribuisca allo sviluppo del tumore gastrico nelle popolazioni delle Ande venezuelane.[4] Anche le spore sembrano essere implicate nell'attività carcinogenica.

La somministrazione di selenio sembra dimostrarsi utile nella prevenzione e regressione degli effetti immunotossici del Pteridium aquilinum.[5]

Note

  1. ^ Disattivato dalla cottura.
  2. ^ Gomes J, Magalhães A, Michel V, Amado I, Aranha P, Ovesen RG, Hansen HC, Gärtner F, Reis CA, Touati E., Pteridium aquilinum and its ptaquiloside toxin induce DNA damage response in gastric epithelial cells, a link with gastric carcinogenesis. Toxicol Sci. 2011 Dec 5;
  3. ^ I A Evans, B Widdop, R S Jones, G D Barber, H Leach, D L Jones, and R Mainwaring-Burton, The possible human hazard of the naturally occurring bracken carcinogen, in Biochem J., vol. 124, n. 2, 1971, pp. 29P–30P, PMC 1177200, PMID 5158492.
  4. ^ Alonso-Amelot M.E., Avendano M. Possible association between gastric cancer and bracken fern in Venezuela: An epidemiologic study. International Journal of Cancer. 91 (2) (pp 252-259), 2001.
  5. ^ Latorre A.O., Caniceiro B.D., Wysocki H.L., Haraguchi M., Gardner D.R., Gorniak S.L., Selenium reverses Pteridium aquilinum-induced immunotoxic effects. Food and Chemical Toxicology. 49 (2) (pp 464-470), 2011

Bibliografia

  • Sandro Pignatti (1982). Flora d'Italia. Volume primo. Edagricole, Bologna: 52. ISBN 88-506-2449-2.
  • Manlio Chiappini (1985). Guida alla flora pratica della Sardegna. Carlo Delfino, Sassari: 72-73.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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