Nome comune: celidonia, erba dei porri
Specie: Chelidonium majus L.
Famiglia: PAPAVERACEAE
- I fiori sono gialli con due sepali, che cadono precocemente, e 4 petali, eguali tra loro e di forma ovale.
- Le foglie possono essere pennatosette. Quelle superiori sono sessili, quindi direttamente attaccate al fusto, senza picciolo; quelle inferiori sono picciolate.
- Il fusto è eretto e ramoso, più o meno peloso.
Tossicità
Tutti gli elementi di questa pianta secernono un latice giallo-arancio, che scorre lungo appositi canalicoli.
Il latice contiene degli alcaloidi tossici di cui, ad oggi, sono conosciuti circa venti componenti.
La celidonia era usata come rimedio casalingo per combattere varie malattie e rimuovere i porri.
L’estrema tossicità dei suoi composti, tuttavia, rende questa pianta veramente pericolosa:
40 grammi di estratto di celidonia sono sufficienti a uccidere un uomo adulto, per arresto cardiaco. La maggiore percentuale di principi attivi è contenuta nelle radici.
Curiosità
Il nome generico Chelidonium deriva dal greco chelidon (=rondine), ad indicare che l’erba dei porri inizia a fiorire con l’arrivo delle rondini.
Gli animali domestici evitano accuratamente di mangiare questa papaveracea.
L’uso di questa pianta ebbe una grande diffusione nel corso del Medio Evo.
Tra le tante leggende che accompagnano l’erba dei porri ricordiamo quella secondo la quale una goccia di latice lasciata cadere su un dente cariato è in grado di calmarne il dolore lancinante.
Per tale tradizione popolare, in Friuli, la celidonia è conosciuta come “erba di Sant’Apollonia”, santa che protegge dal mal di denti.
Link da Actaplantarum: Chelidonium majus
Chelidonium majus (L., 1753), comunemente nota come celidonia, è una pianta erbacea, spontanea in Italia, appartenente alla famiglia delle Papaveraceae[2].
Etimologia
Il nome deriva dal greco chelidòn (= rondine), secondo Maurice Mességué perché porzioni di pianta vengono strofinate dalle rondini sugli occhi non ancora aperti dei piccoli. Il latice caustico aprirebbe i lembi di pelle consentendo ai rondinini di vedere.
Descrizione
Pianta erbacea perenne, alta da 30 a 90 cm, a fusto ramificato e a nodi ingrossati.
Le foglie sono lobate, alterne, imparipennate, color verde-bluastro, più chiare o grigie nella pagina inferiore. I fiori hanno calice composto da due sepali caduchi e corolla con 4 petali gialli, venti stami, ovario supero.
Il frutto, allungato, apparentemente una siliqua, in realtà è una capsula, ovvero un frutto secco deiscente che deriva da un ovario pluricarpellare. Un esempio di capsula lo si può trovare nel Papaver somniferum, definito anche papavero da oppio.
Dai rametti spezzati esce un latice giallo-arancio che è uno dei tratti inconfondibili della pianta. Il colore è dovuto ad un alcaloide benzilisochinolinico contenuto nel latice stesso, definito chelidonina. Esposto all'aria, il lattice si ossida rapidamente e scurisce.
Distribuzione e habitat
Ha un areale centrato nel bacino del Mediterraneo ma la si può trovare anche in Europa Settentrionale e Russia europea. Cresce spontaneamente nei boschi e nelle zone abbandonate. Viene considerata un'indicatrice di presenza di composti azotati. Cresce anche nei giardini e nelle aiuole, e ricresce ogni anno, per cui è considerata infestante.
Usi
Fitoterapia
- I principi attivi di questa pianta sono per lo più alcaloidi isochinolinici, in particolare la copticina, ma anche berberina e sparteina.
- La pianta viene tradizionalmente utilizzata nella medicina popolare per uso esterno. Contro le verruche, si applica il lattice fresco nella zona interessata, lasciando asciugare[3].
- In omeopatia è stata sperimentata da Samuel Hahnemann e dalla sua scuola.
- Compare spesso nelle ricette di Maurice Mességué, come componente di miscele per pediluvi e lavaggi delle mani. Nella cultura gitana è usata nei pediluvi, per dare sollievo alle gambe.
- Come altre Papaveraceae ha azione purgativa e sedativa e un'azione spasmolitica sulla muscolatura liscia. In dosi moderate veniva assunta in infuso o decotto, per esempio nelle campagne del lodigiano e cremasco, mescolata al tarassaco per una bevanda depurativa del fegato, ma la tossicità di alcuni principi contenuti ne sconsiglia l'utilizzo interno a meno di supervisione esperta.
Altro
Usata nel secolo XVIII come pianta decorativa, per aiuole, forse per il colore delle foglie.
È evitata dalle bestie da pascolo, per il sapore acre e disgustoso.
È pianta visitata dalle api.
Note
- ^ https://www.iucnredlist.org/species/202954/2758225
- ^ (EN) Chelidonium majus L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 4 febbraio 2021.
- ^ Sull'utilizzo della celidonia nella medicina popolare per eliminare i porri dalle mani.
Bibliografia
- Sandro Pignatti, Flora d'Italia, Bologna, Edagricole, 1982, ISBN 88-506-2449-2.
- Nel mondo della natura, Enciclopedia di Scienze Naturali, Federico Motta Ed., 1952
- F. Firenzuoli, Fitoterapia, 4ª ed. Elsevier, Milano, 2008
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- (EN) greater celandine, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.